EPISODI DI STORIA VALDESE NARRATI DA W.S.GILLY (5)

Il tempio di San Giovanni e la sua palizzata

I Valdesi di San Giovanni in Val Pellice non avevano mai potuto costruire un tempio nelle aree più raggiungibili della valle fino a quando non ricevettero l’autorizzazione ai tempi di Napoleone. Ma già nel maggio del 1814, restaurato il vecchio regime dei Savoia, un editto intimò la demolizione dell’edificio di culto costato tanti sacrifici. Ambasciatori di diversi paesi, tra i quali Inghilterra e Prussia, intervennero per difendere il tempio, che alla fine restò in piedi e destinato al culto, ma con la condizione che davanti ad esso fosse eretta una palizzata che “proteggesse” i fedeli cattolici (pare una quarantina) dal turbamento di vedere gli “eretici” (all’epoca mai meno di cinquecento) frequentarlo.
Un altra palizzata – più piccola – fu eretta davanti alla scuola valdese di Torre Pellice, dopo le lamentele di qualche zelante passante che lamentava di dover sentire ripetere “lezioni di eresia”.

La domenica dei Valdesi
Gilly giunse a Torre Pellice una domenica mattina e notò un’atmosfera ben diversa da quella osservate in altre parti del continente, simile invece a quella usuale in Inghilterra: “silenzio e decoro nelle strade, dignità nell’abbigliamento e pulizia nel contegno di questi contadini”. Quanto all’area davanti al tempio, scrive Gilly “non ho mai visto dall’altra parte della Manica un luogo sacro che possa essere paragonato ai nostri quanto questo”.

Il tentativo di sterminio del 1794
Nel maggio del 1794, quando quasi tutti gli uomini abili alle armi era sulle montagne a difendere i confini del Regno, un gruppo di ottocento fanatici cattolici si era proposto di sterminare i Valdesi della Val Pellice. Per questo, avevano diffuso la falsa notizia che il forte di Mirabuc, che difendeva il confine della valle con la Francia, era stato preso dai Francesi per il tradimento dei Valdesi. In realtà non c’era nessun valdese tra i difensori del forte costretti alla resa e tutti i valdesi abili alle armi avevano validamente difeso i confini piemontesi in altri settori del fronte.
I fanatici pensavano di approfittare della lontananza degli uomini per sterminare le loro famiglie, a poco più di un secolo di distanza dal precedente tentativo di sterminio totale. All’ultimo momento, furono informati della scellerata impresa due cattolici, che i congiurati pensavano di poter coinvolgere per via del noto rigore religioso cattolico: il capitano della milizia di stanza a Cavour, Odetti, e il curato di Luserna Don Brienza. Costoro erano però veri cristiani ed ebbero orrore di quanto si voleva fare e avvertirono dei loro amici valdesi.
La notizia arrivò ai soldati valdesi al fronte, che faticarono diverse ore per convincere il loro comandante a lasciarli venire in soccorso ai loro cari. Quando il permesso fu concesso, nel pomeriggio di quello stesso 24 maggio per il quale era previsto l’attacco, si lanciarono disperatamente dalle montagne verso Torre Pellice, dove il massacro doveva iniziare all’imbrunire, al segnale della campana del convento. Divorarono i quindici-venti chilometri con il cuore in gola, ma mentre erano prossimi a Torre Pellice, scoppiò un furioso temporale la cui violenza rallentò la corsa che si arrestò del tutto davanti a un torrente il cui attraversamento era reso impossibile dall’improvvisa corrente. Mentre si ingegnavano a tentare ugualmente il passaggio, udirono la campana del convento dare il segnale previsto. Temevano ormai di dover vendicare il massacro anziché prevenirlo, ma quando, un paio d’ore dopo, arrivarono a Torre, appresero che il temporale, che era sembrato fatale, era stato invece provvidenziale: mentre aveva solo rallentato i soccorritori, aveva bloccato i una parte importante degli assassini. Quelli che erano già pronti all’azione attesero che arrivassero altri complici per agire, ma prima dei rinforzi arrivarono gli uomini valdesi.
Il Gilly fu colpito dal fatto che i valdesi si accontentarono della salvezza dei loro cari e non torsero un capello a nessuno dei fanatici. E sottolineò il fatto che il comandante del reparto dei valdesi, il generale Godin, svizzero, fu rimosso dal comando per aver permesso ai suoi uomini di allontanarsi, sia pure per poche ore, dalla linea del fronte.

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