Mistero svelato: non era una Confessione di Fede, ma un documento sugli oppressi usato a favore degli omosessuali

di Paolo Castellina

Prima che qualcuno ci dia degli ignoranti, la “Confessione di Fede di Bagkok” è propriamente detta: “Dichiarazione ed Appello di Bagkok” ed è stata prodotta nel 2009 dalla Conferenza Ecumenica Globale su Giustizia per i Dalit” del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Con il sottotitolo “Comunità giuste ed inclusive”, essa mira a difendere la dignità dei Dalit. Paria o dalit (o erroneamente intoccabili, ma la traduzione corretta è oppressi) sono definiti i fuori casta nel sistema sociale e religioso induista, includendo anche gli aborigeni indiani e gli stranieri. Gandhi si riferì ai dalit più poveri ed emarginati come agli Harijan, cioè “figli di dio”. Il diffuso termine paria è il singolare della parola paraiyar che sono il gruppo etnico dalit più cospicuo nel Tamil Nadu. Il termine “dalit” (in sanscrito dal significa “spezzare, spaccare, aprire”). Il movimento gay la utilizza strumentalmente per affermare che gli omosessuali sono una casta oppressa la cui dignità ed uguaglianza è da affermare. Il documento completo si trova nel sito del Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Un grazie a Paolo Castellina! E una scusa per chi scrive per non aver trovato una cosa con il nome sbagliato! Nel corposo documento si trova anche una invocazione, che probabilmente è quella “recitata” a Mottola. Eccola:

“Possa Dio nella cui immagine siamo tutti stati creati, guidarci. Possa Gesù che mangiò insieme all’impuro, che tocco l’intoccabile e che non conosceva caste, incoraggiarci. Possa lo Spirito Santo il cui potere ha soffiato attraverso genti di molte nazioni affinché tutti comprendessero nel loro proprio linguaggio e altri chiedessero “Sono tutti costoro dei Dalit?”, ispirarci. Preghiamo affinché tutti noi possiamo camminare nella luce, legati da reciproco amore e proclamare queste parole scritte nella fuliggine – Gesù vive!”

Tutte cose condivisibili, ma di certo non è e non si chiama “confessione di fede”. Il fatto di scambiarla per tale indica idee non chiarissime. Come ben dice Paolo Castellina, poi, che c’entrano i Dalit con gli omosessuali, per lo meno nelle società occidentali? Infatti in molti paesi, soprattutto islamici, chi pratica l’omosessualità, così come i chi pratica il cristianesimo, rischia crudeli punizioni ma questo non interessa ai sacerdoti del politicamente corretto. Infatti, per costoro è piuttosto sconveniente condannare società anti occidentali: “è la loro cultura”, “bisogna capirli”, “è una reazione al colonialismo e ai cattivi missionari cristiani”, dicono.

Per cui, poco importa che gli omosessuali e i cristiani in Iran e altrove rischino la pena capitale e siano comunque emarginati. Il vero problema sono i matrimoni gay che in Italia non si possono fare!  In Italia molti “Dalit”/omosessuali dichiarati sono celebrati e ricchissimi stilisti, cantanti, attori, influenti leader politici… Metterli sullo stesso piano di coloro che erano i più miseri fra i miseri persino quando la morte per fame in India era una piaga diffusa anche tra coloro che non erano Dalit, è una operazione complicata!  

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