Secondo il sito della Chiesa Valdese non si può prendere la Bibbia per difendere la famiglia

Neanche il tempo di pubblicare un articolo con parole positive su una parte dell’informazione istituzionale valdese, ed ecco una robusta “smentita”, attraverso un articolo sul rinnovato sito della Chiesa Valdese, a firma del pastore Jens Hansen, uno dei sette membri della Tavola, e nostra vecchia conoscenza. Il titolo, “Famiglie oggi”, in altri tempi avrebbe preannunciato un normale, magari persino scontato, appello ad applicare i principi evangelici in ambito familiare, in modo da consentire a questa “istituzione fondamentale della condizione umana” (Documento sul Matrimonio, Sinodo 1971) di vivere serenamente e di essere testimonianza della fede. Oggi, invece, non preannuncia niente di buono e il seguito lo conferma, prendendo lo spunto da un incontro internazionale organizzato dalla Chiesa evangelica della Westfalia, in un luogo molto significativo, la chiesa di Wuppertal Barmen, dove 80 anni fa nacque l’opposizione di una parte delle chiese evangeliche a Hitler e al tentativo di certi suoi seguaci “evangelici” di “attualizzare” e “interpretare” la Bibbia, attraverso la sua “degiudaizzazione”. Agli apostati dell’epoca dava fastidio l’increscioso “dettaglio” che i protagonisti del Libro fossero tutti ebrei, e pretendevano che il messaggio d’amore di Gesù fosse rivolto al di là dell’individuo, cioè al popolo, che essi ritenevano indissolubilmente legato alla “razza”. Proprio qui sono venuti delegati da chiese di diversi continenti per parlare di “famiglia”. Il pastore Hansen ha le idee chiare:

“L’idea della famiglia nucleare nata nell’800 nella borghesia benestante era diventato il traguardo di molti e rappresentava l’idea e l’ideale della famiglia del boom economico del secondo dopoguerra.

Oggi la situazione è ben diversa: non esiste più LA famiglia, ma ci sono le famiglie. Quello che nella mia infanzia era la norma, nella Germania attuale fa nemmeno la metà delle famiglie. Il quadro è completamente cambiato: coppie sposate con figli, coppie senza figli, convivenze con e senza figli, famiglie monogenitoriali con figli, famiglie patchwork, relazioni week-end, matrimoni pendolari, famiglie con due dimore e tutto in chiave sia etero sia omoaffettiva.”

Queste discutibili e approssimative affermazioni poco interesserebbero se non preparassero spropositi biblici. Hansen tira in ballo una tal Duwe, “professoressa”, si suppone – ahinoi – in “teologia”, del Botswana, che si è fatta una decina di ore di aereo fino in Germania per rivelarci che in molte famiglie bibliche c’era “violenza”: Abramo che ha un figlio dalla serva che poi manda via, Lot che ingravida le sue due figlie, Giacobbe che ha figli da due mogli e da due serve, il levita di Giudici 19 che abbandona la sua concubina a uno stupro collettivo, e poi Tamar, Davide e Betsabea, Salomone, Ester, Rut e Naomi… A parte che nel delirio ideologico di costoro qualunque rapporto sessuale di un uomo importante con una donna comune è “violenza” e “stupro”, non si capisce dove sia la “violenza” nel caso di Rut e Naomi non si capisce. Nell’articolo del pastore Hansen compare poi il “prof. Crüsemann”, il quale, nonostante un viaggio molto più breve, mostra un senso logico un po’ affaticato: “la Bibbia non disegna un’astratta istituzione della famiglia – e non si può quindi prendere la Bibbia per difenderla – ma parla di un processo di relazione”, poiché “il centro qualitativo [del decalogo] è il non uccidere attorno a cui sono proprio raggruppati due comandamenti dedicati alla famiglia. La famiglia come luogo in cui non si deve vivere la violenza.” In questa corsa a staffetta del non sense, il testimone passa al “prof. Jähnichen” il quale arriva al dunque: “Una volta appurato che la Bibbia non conosce la Famiglia e che la parola ‘famiglia’ oggi copre un vasto raggio di convivenze più o meno definite, non si capisce perché non integrare in esse anche le coppie omoaffettive. Ciò a più ragione di fronte al fatto che un’interpretazione seria della Bibbia non lo impedisce.”

L’articolo ci informa poi che le chiese – come quella valdese – che fanno benedizioni per le coppie omosessuali sono “solo alcune” e che le “chiese dell’Asia ne discutono apertamente e rispettano le decisioni delle chiese europee, ma affermano che non potrebbero tornare a casa con un documento che va molto nel profondo in materia gay, perché la discussione è troppo recente e sarebbe visto come una pressione.

In questo caso ci sentiamo molto asiatici e dovrebbero essersi sentiti tali i valdesi che non erano rappresentati da quel 58% di membri del Sinodo valdese che votò per le benedizioni alle coppie omosessuali e dunque più che una pressione hanno subito una violenza. Sembra perciò che la differenza tra queste chiese asiatiche e quella valdese non stia nella base dei credenti, ma nelle loro gerarchie: quelle asiatiche non hanno neppure approfondito la questione gay per non parer fare pressione sui fedeli, mentre quella valdese se ne è infischiata e non solo ne ha parlato, ma ha portato la cosa alle estreme conseguenze: il matrimonio gay.

(1   – continua)

1 commento

  1. molto molto sconclusionato e confuso. ci sarebbe talmente da dire. ma non ho le espressioni giuste al dialogo ducentesco.

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