Ritornare perché siamo lontani (2)

Pubblichiamo la seconda parte di questa lettera, non pubblicata, a Riforma.

Infine l’intervista a briglie sciolte sul tema “Una chiesa in torpore?” di Federica Tourn è ancora più pertinente per le risposte che hanno dato Giorgio Tourn e Paolo Ricca, ottantenni avanzati alla cui voce i giovani evangelici valdo-metodisti dovrebbero prestare molta attenzione.

I temi dell’intervista toccano: la non cancellazione dei membri di chiesa che non contribuiscono; membri di chiesa che vanno curati, assistiti e ascoltati; di una chiesa valdese “gravemente ammalata”; di una chiesa che non canta più la sua fede perché non sa esprimerla oggi; che manca una teologia; che non si raduna più insieme; c’è la confessione di non aver saputo trasmettere la nostra fede; una presenza nel politico e, come rovescio della medaglia un assenza di spiritualità; una pietà apparente perché non vissuta; investimenti sbagliati nella testimonianza esterna; una perdita flagrante degli ospedali; una generazione che non ha preso il testimone ed ha vissuto per delega; l’equivoco della diaconia; l’uso dell’8 per mille che risponde all’amore del prossimo, ma non a quello di Dio… ed è una catastrofe, un atto di non fede; esso è adoperato male anche se correttamente; fuori del sociale siamo muti; non riusciamo a formulare in termini comprensibili che è l’incontro con Cristo che determina la nostra vita, e che vuol dire, invece, che siamo muti. Itemi dei vecchi pastori e della conversione rimangono argomenti non risolti. Si auspica che il Sinodo riconosca la situazione di malattia della chiesa e non solo un torpore passeggero. Siamo lontani dal Signore; onoriamo Dio con le labbra ma non col cuore… Dobbiamo tornare a Dio (non è questa una conversione?).

Questa è la diagnosi “fuor dai denti” di due colonne della Chiesa valdese. È vera e giusta, ma, a circa due anni dalla loro pubblicazione, mi sembra che sia come se ci fossimo guardati allo specchio e, come dice Giacomo1: 24 ci “si è guardati e ce ne siamo andati, e subito abbiamo dimenticato come eravamo”.  La prova (non la sola) è che il periodico “Riforma” (altro specchio della vita delle chiese) da più importanza a ciò che è periferico e del mondo (commento al Corano e avvenimenti politici, sociali, etici, economici, ecc.) e non essenziale alla vita delle chiese. La vita di Dio, del Signore, del nostro Salvatore, di Cristo risorto e vivente alla destra del Padre celeste, non è né prioritaria, né indicatrice della strategia di Dio per la salvezza del “mondo che ha tanto amato”, come avrebbero fatto i vari Valdo e tutti coloro che, dopo di lui,  hanno dato la loro vita per Cristo. Il periodico Riforma, come la vita della chiesa, non si distingue dal mondo: forse perché ce ne vergogniamo? O vogliamo competere con le ideologie del mondo invece di ricercare, capire, conoscere e compiere la volontà di Dio?

Davanti a queste constatazioni, è vero, sono indignato e soffro (e penso di non essere il solo) per la nostra chiesa e per i messaggi ambigui che da qualche anno Riforma pubblica, ma prego, come ho detto, che si levino dei nuovi Gedeone, Debora, Geremia, Giovanni Battista, e nuovi riformatori al più presto anche se, come è successo in passato, ci saranno degli oppositori. Meglio gli oppositori che gli indifferenti!

Non mi posso impedire di sperare ed ho fiducia che il Signore ascolterà tutte le preghiere di chi soffre di questa situazione e spero che non siano pochi.

È questa sofferenza che mi fa pensare all’appello della lettera di Giovanni alla chiesa di Efeso dove lo Spirito di Dio invita quella e tutte le chiese, e mi fa pensare a Apocalisse 2: “Ho questo contro di te: che hai abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima; altrimenti verrò presto da te e rimoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi.”

Perché questo appello non rimanga solo teoria morta,  chiedo alla Tavola che al prossimo Sinodo, si dedichi un tempo congruo alla preghiera e alla confessione di peccato sui problemi che affliggono la chiesa e che sono stati evidenziati nel 2015 perché il pentimento davanti al Signore della Chiesa sia coerente con quanto si è detto fino ad ora.

In passato la chiesa valdese (a partire dalla sua nascita con i “poveri di Lione”) è stato un esempio per tutti i veri credenti. Non lo potrebbe essere ancora oggi, ritornando umilmente a Cristo?

Sergio Rastello 

(seconda e ultima parte)

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