Nuove sorprese dalla Bibbia, fin “dal principio” (3). In Genesi e Esodo c’è la parola “Torah”, criptata nell’identico modo

(Qui puoi leggere la puntata precedente)

Abbiamo dunque visto che all’inizio della Genesi c’è la parola “torah”, che significa “insegnamento” ed è il nome con cui fin da tempi antichissimi gli Ebrei chiamano il Pentateuco, di cui quei versetti sono l’inizio. La parola, che in ebraico è formata da quattro lettere, si trova partendo dalla prima “t” che si incontra e poi saltando “sette volte sette” lettere ogni volta. Abbiamo visto che c’è una possibilità su 2137 che si tratti di un caso, ma può essere un caso, tanto quanto vincere il primo premio alla lotteria di paese. Fin qui nulla di particolarmente rilevante, solo una curiosità.

Ma, a proposito di curiosità, andiamo a vedere se nel libro dell’Esodo accade la stessa cosa. La prima “t”, diversamente da quel che accade in Genesi, la troviamo non nella prima parola, ma nella seconda, “shemot”, che però non solo è il primo sostantivo, come in Genesi, ma è anche, come in Genesi, la parola con cui gli Ebrei chiamano il libro. Essi infatti chiamano le parti del Pentateuco con la prima o una delle prime parole del libro. L’Esodo, che è

I primi cinque versetti del libro dell’Esodo, il secondo della “Torah”. I cerchietti rossi indicano le quattro lettere della parola “torah”, separate l’una dall’altra da 49 lettere. Il rettangolo verde evidenzia la parola “shemot” (“nomi”) che costituisce il titolo ebraico del libro. E’ la stessa cosa che accade in Genesi

parola greca, lo chiamano “Shemot”, cioè “i nomi”: “Or questi sono i nomi dei figli d’Israele che vennero in Egitto con Giacobbe”. Saltiamo 49 lettere e troviamo – sorpresa ! – una “o”. Precisiamo: si tratta della lettera ebraica vav che, in ebraico può valere per il suono “o”, ma anche per “u” oppure – come in questo caso – per “v”. Sta di fatto che per scrivere “torah” ci vuole una vav e qui, nella stessa posizione che abbiamo visto nella Genesi, c’è appunto una vav, nella parola “viyehudah”, che significa “e Giuda”. Saltiamo 49 lettere e troviamo una “r”, nella parola “yerech”, cioè “lombi”, i lombi di Giacobbe da cui uscirono i suoi discendenti. Altre 49 lettere e arriviamo – nella parola “hahu”, che significa “quello” riferita a “generazione” che in ebraico è maschile ma viene tradotto “quella” – alla lettera he, cioè “ah”, che completa la parola “torah”.

Diremmo che la casualità è a questo punto esclusa. Partivamo da quella una probabilità su 2137 che il fenomeno si verificasse una volta in Genesi: c’è una probabilità su 47.014 (2137×22, il numero delle lettere dell’alfabeto ebraico) che, in aggiunta, anche alla prima “t” dell’Esodo segua una “o”. E poi la stessa cosa si verifica per la terza e la quarta lettera della parola “torah”. Facendo 47.014x22x22 arriviamo a una possibilità su 22 milioni (precisamente 1 su 22.754.776). Insomma, è più facile vincere il primo premio alla Lotteria nazionale di Capodanno comprando un solo biglietto. Chiariamo: è tanto facile che questo accada per caso, quanto il fatto che tu che leggi queste righe vinca quest’anno la lotteria nazionale, comprando un solo biglietto. Oppure è come lanciare un dado da gioco dieci volte e avere sempre lo stesso numero. E – per capire meglio – ricordiamo che, a differenza dei biglietti della lotteria e dei dadi da gioco, di Bibbia ne abbiamo una sola.

Viene naturale, a questo punto, andare al terzo libro del Pentateuco, il Levitico, per vedere se la cosa si ripete. Ebbene: la cosa NON si ripete. Né si verifica negli altri due libri, Numeri e Deuteronomio. Noi siamo un po’ delusi, mentre gli odiatori della Bibbia gioiranno, diranno che abbiamo giusto giusto rilevato una stranezza, una curiosità, ma non significa nulla. Ma voi, lettori di entrambe le fazioni, non perdete la prossima puntata, perché riserva sorprese più grandi di queste prime tre.

(Terza parte – continua)

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