PER IL SINODO PRENDERE SUL SERIO LA BIBBIA È “STRUMENTALIZZAZIONE DA CONTRASTARE”

Il Sinodo dura solo sei giorni, ma le sue decisioni durano a volte molto più dei dodici mesi che lo separano da quello seguente. Ad esempio, il 12 settembre 1532 a Chanforan il Sinodo decise di aderire alla Riforma, e la decisione è tuttora valida, a 483 anni di distanza. Per noi di Sentieri Antichi Valdesi valida non solo formalmente, ma anche nella sostanza.

Il Sinodo del 2015 ha approvato l’ordine del giorno che vedete nella foto, così come riportato dal settimanale Riforma. Va ricordato che l’ordine del giorno è lo strumento tipico del Sinodo. Quando vuole esprimere una posizione approva un ordine del giorno, tranne nei casi che la posizione sia costituita da un documento più articolato.

Come è purtroppo consueto, le parole hanno una certa dose di ambiguità. Cosa di intende per “ogni forma di discriminazione verso i fratelli e le sorelle omosessuali”, che le chiese dovrebbero “contrastare con forza”?

Essere contro il matrimonio omosessuale e le conseguenti adozioni, anche con l’utero in affitto, è “discriminazione”? Purtroppo, tante e tante dichiarazioni dei massimi esponenti “valdesi” fanno pensare che la risposta sia “sì”. Più volte hanno spiegato che la benedizione liturgica delle coppie omosessuali è un modo per superare le “discriminazioni” che ci sono in Italia verso le coppie omosessuali.

Che per la dirigenza dell’attuale chiesa valdese essere contro il matrimonio gay sia una “discriminazione” lo sappiamo da tanti documenti. Il 14 marzo 2012 il pastore Giuseppe Platone ha diffuso un comunicato stampa nel quale, tra l’altro, ha detto: “Se il matrimonio è un patto che prevede diritti e doveri nel costruire tra due persone un rapporto di solidarietà, reciproco e responsabile, diamogli tranquillamente un solo nome, con gli stessi diritti e doveri.” Sette giorni dopo era l’allora moderatora, pastora Maria Bonafede a chiedere la totale parificazione delle unioni omosessuali al matrimonio, sempre in nome della “non discriminazione”.

Il 1° ottobre 2014 il settimanale Riforma, nella rubrica “Accadde oggi”, tra gli eventi più significativi per il protestantesimo, segnalava che il 1° ottobre 1989 la Danimarca introduceva le unioni civili per le coppie dello stesso sesso, sfociate in seguito in matrimonio.

Ma più di tutto conta il Documento sulle famiglie “presentato al Sinodo 2015, che fin dalla premessa parla di “dibattito inerente la comunione di coppia e la vita familiare, nelle diverse configurazioni che si presentano concretamente nella realtà sociale e nella vita delle chiese”.

Insomma: l’ordine del giorno denominato “Omofobia”, approvato dal Sinodo Valdese 2015 esorta a “contrastare ogni forma di discriminazione”, cioè ad impegnarsi a favore del matrimonio omosessuale e delle adozioni per tali coppie che implicano anche la pratica dell’utero in affitto, condannate persino da molte femministe e omosessuali militanti.

Se ci fosse qualche dubbio sul fatto che l’ordine del giorno “Omofobia” votato dal Sinodo Valdese del 2015 per “discriminazione” da combattere intende la mancanza di matrimonio e adozioni gay in Italia, va ricordato che il 23 maggio 2010 il pastore e teologo valdese Paolo Ricca celebrò nel Tempio di Roma, via IV novembre, il battesimo di due bambini, definendo “genitori” i due uomini che li presentavano: il padre biologico e il suo compagno. I bambini erano nati con l’ovocita di una “donatrice” e la gravidanza di un’altra donna (presente nel tempio!) che “per amicizia” si era sobbarcata nove mesi di gravidanza. Il tutto era avvenuto in California, ma né là né altrove, né tanto meno in Italia, il compagno del padre biologico era riconosciuto come genitore. Eppure tale fondamentale condizione gli è stata riconosciuta in quello che è forse l’unico momento in cui il ruolo di genitore è fondamentale nell’ordinamento valdese: il battesimo di due bambini, sacramento che viene celebrato appunto per esclusiva richiesta dei genitori. E, presente la donna che ha partorito, i “genitori” erano due uomini!

Già molte volte in passato, i vertici della chiesa valdese hanno impegnato la chiesa intera, e cioè cia scuno dei suoi membri, su questioni politiche assai opinabili, e che era difficile ricondurre ai compiti dell’Assemblea dei credenti. Questa volta, però, si è andati ben oltre.

Questa volta non si tratta di parlare di argomenti politici, generalmente estranei a temi biblici e di fede, e dunque né conformi né contrari alle Scritture. Questa volta si tratta di schierarsi apertamente a favore di pratiche esplicitamente e più volte condannate da esse. Non solo il Sinodo 2015 ha confermato e rafforzato la decisione di benedire liturgicamente queste pratiche, ma ha invitato a contrastare chi le critica.

Con la consueta incoerenza, inoltre, il Sinodo nel 2015 è andato contro la propria stessa decisione presa soltanto nel 2010. Ecco i passaggi essenziali di quella decisione:

Il Sinodo, riconoscendo le differenze nel percorso di integrazione e riconoscimento delle persone omosessuali nelle chiese locali, ed invitando in ogni caso al rispetto delle diverse sensibilità dei membri di chiesa… Chiede di conseguenza alle chiese che, ove sorelle e fratelli membri della nostra Chiesa o appartenenti ad una Chiesa evangelica richiedano la benedizione di una unione omosessuale si proceda nel cammino di condivisione e testimonianza e, laddove la chiesa locale abbia raggiunto un consenso maturo e rispettoso delle diverse posizioni, essa si senta libera di prendere le decisioni conseguenti, rimanendo in costruttivo contatto con gli appositi organismi.

Dicemmo ampiamente all’epoca che si trattava di una decisione insensata, non soltanto perché contraria alla Scrittura, non soltanto perché avveniva dopo che qualcuno tali benedizioni le aveva già praticate, ma perché affidava alle chiese locali la decisione se praticarle o no, in aperto contrasto con l’ordinamento che su argomenti di questo genere prevede l’esatto contrario: che nessuna chiesa prenda decisioni senza in consenso di tutte le altre, sulla base del nostro ordinamento presbiteriano e in particolare per non infrangere il “Patto dell’Unione”, stipulato nel 1561, durante una feroce persecuzione, sconfitta in armi dai Valdesi, che di certo trovarono la forza nella comune fede più che nelle proprie capacità militari. La pasticciata soluzione del 2010 serviva però a dare un alibi a chi si opponeva – ma non troppo e con discrezione – alle benedizioni gay, dicendo: “Se non siete d’accordo non celebratele”, in nome “delle diverse sensibilità”. Così molti hanno trangugiato anche quel rospo credendo, o mostrando di credere, che le loro opinioni fossero comunque rispettate. Ed ecco che, solo cinque anni dopo, costoro sono diventati gente che le chiese devono “contrastare”! Quasi una scomunica.

 

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