Ecco perché il culto va ristabilito – Un sermone senza Gesù e senza Dio, ma con altri dei

Ecco perché il culto va ristabilito – Un sermone senza Gesù e senza Dio

Abbiamo recentemente pubblicato l’importante dichiarazione di Sentieri Antichi Valdesi sulla necessità di ristabilire il culto del Signore, e le notizie sull’inizio dei culti regolari del movimento ecclesiale SAV. Il dettaglio dei motivi che hanno portato a queste importanti decisioni si può trovare in un po’ tutto questo sito e sono state raccolte in un libro.

Già in occasione del Sinodo valdese ci siamo soffermati sull’incredibile sermone pronunciato per il culto di apertura del Sinodo dalla pastora Erika Tomassone, dove Cristo è menzionato direttamente tre volte soltanto, e per attribuirgli vaghi concetti introvabili nei Vangeli o in altre parti della Bibbia. Oggi ci occupiamo di un altro esempio che ci ha fatto dichiarare non più “adeguato il culto di chiese prive di una chiara linea dottrinale riformata”.

Il settimanale Riforma del 19 giugno di quest’anno, nella solita seconda pagina dedicata a ciò che in sostanza sono sermoni, pubblica una “meditazione” del pastore Alessandro Esposito dal titolo “Disobbedire per amore”. Al confronto di questo, il sermone della pastora Tomassone potrebbe quasi passare per fondamentalista (naturalmente scherziamo, ma è per dare un’idea).

Ebbene, per i primi tre quarti del lungo testo di Esposito, dove si fa gran sfoggio di dimestichezza con la lingua ebraica e specialmente con le complesse costruzioni dei suoi verbi, i binyanim, si parla esclusivamente dell’aspetto umano della vicenda di Sifra e Pua, le due levatrici egizie cui il Faraone aveva ordinato di far morire alla nascita, avvalendosi del loro mestiere, tutti i bambini ebrei maschi. Più e più volte il pastore insiste sul profilo fisico dell’opera delle levatrici che respirano insieme alle partorienti sviluppando con esse un forte legame. E da lì si trae lo spunto per qualche forte pennellata di femminismo antimaschile: “Nel respiro cercato insieme da partoriente e levatrice, non esistono più l’egiziana e l’ebrea, la schiava e la donna libera: esiste un legame di fiati, che nessun ordine maschile può spezzare”. Più in là si ribatte il tasto anti-maschile parlando delle due levatrici che non uccidono i bambini “sfidando lo strapotere di un uomo, esponendosi al rischio delle sue ritorsioni”.

Dunque, contrariamente a quanto l’essenziale testo dell’Esodo dice in appena tre brevi versetti (1:15-17), non è l’obbedienza a Dio che guida le due levatrici. Neppure l’obbedienza a quella infinita tenerezza, voluta da Dio, che un bambino suscita in ogni essere umano che non deturpi la propria natura, e specialmente nelle donne. No! E neanche per l’immenso dolore che sapevano avrebbero suscitato in quelle donne che avevano conosciuto uccidendo il frutto e le speranze di nove mesi di gravidanza e forse di una intera vita, anche la speranza che quel bambino maschio potesse essere l’atteso liberatore dalla schiavitù. No! È solo – secondo Esposito – per il legame fisico e sensuale tra loro e le partorienti ebree, che “hanno saputo scovare nel segreto di un respiro, nello spazio breve delle contrazioni”. Neanche avessero partecipato a un incontro di “autocoscienza” femminista sessantottino in stanze piene del fumo di “emancipanti” sigarette, che intrideva senza rimedio i maglioni d’ordinanza!

In questa smania di contrapporre le donne agli uomini, si trascura il piccolo dettaglio che i bambini che le due egiziane avrebbero dovuto uccidere erano – guarda un po’ – maschi e che anche i padri di quei bambini erano maschi e amavano i loro nati! Dettagli fastidiosi che richiamano troppo i sentimenti di una di quelle odiose famiglie “tradizionali” così fuori moda, così odiate oggi nell’età dell’ideologia “gender”.

È poi da notare che quando dice “non esistono più l’egiziana e l’ebrea, la schiava e la donna libera” c’è una raffinata implicita citazione di Galati 3:27-28: “Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è né Giudeo né Greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù.

Per questo è interessante notare le differenze. 1) Nella meditazione del pastore Esposito, cosa sostituisce Cristo nel cancellare le differenze tra le nazionalità, tra la libertà e la schiavitù? Questa sorta di solidarietà “di genere”, questo “legame di fiati”, come nello yoga (che è una pratica religiosa indù): da Cristo allo yoga. 2) Quale distinzione menzionata da Paolo è taciuta? Paradossalmente, quella tra uomo e donna, che pure dovrebbe piacere molto nell’ottica omosessualista-gender! Ma qui disturbava perché era in contrasto con l’approccio femminista anti-maschile. Insomma, in Cristo non c’è distinzione spirituale tra uomo e donna, ma per Esposito invece c’è! Insomma, per celebrare matrimoni il sesso non importa, mentre per obbedire a Dio il sesso è più importante di Dio stesso.

Davvero occorre ristabilire il culto del Signore.

(prima parte)

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