LUCIO MALAN REPLICA A PAOLO RICCA SUL BATTESIMO RICHIESTO DA “GENITORI GAY”.

Caro Paolo,

l’intero complesso della tua articolata risposta gira intorno alla tua bella affermazione, che io condivido, secondo la quale “può, anzi deve, essere chiamato ‘genitore’ non solo chi mette al mondo un figlio, ma anche e altrettanto, se non di più, chi, senza averlo messo al mondo, lo adotta come suo, assumendosene in tutti i sensi la responsabilità”. Mi addolora il fatto che, opponendo questo ai miei argomenti, mi attribuisci di rifiutare la dignità e l’alto valore dell’istituto dell’adozione, che io invece apprezzo grandemente come qualunque persona civile.

L’adozione si pratica per bambini orfani o disgraziatamente abbandonati dai veri genitori (o da uno di essi). I gemellini in questione, per deliberata scelta di quelli che hai definito “genitori”, hanno – come tutti – un padre e una madre biologici, oltre a una donna che per nove mesi li ha portati in grembo. Questi due uomini hanno invece preordinato di indurre entrambe le donne a non occuparsi dei bambini per poterlo fare loro stessi. Una di queste due donne era anche presente al battesimo. Quando ho citato l’articolo 6 del documento sinodale sulla famiglia del 1971 dove si dice che “la qualità di genitori e di figli sono determinate dal fatto della procreazione“, non intendevo certo togliere valore al nobile istituto dell’adozione, ma sottolineare il fatto che questo sia stato ignorato dai due giovani signori per quanto riguarda le due donne coinvolte. La donna che ha donato (o venduto, non cambia molto) l’ovocita, per quella norma è madre, senza virgolette. La norma non dice “salvo rinuncia”. Allo stesso modo, proprio per l’alto valore dell’adozione che sottolinei, non è forse madre colei che ha accolto nel suo grembo un embrione e dopo nove mesi l’ha partorito ? I due “genitori”, e tu con loro, intendono dunque che il fatto della procreazione non determini un bel nulla, e conti solo la loro volontà. Se le norme hanno un qualche valore, questa è un’aperta e premeditata violazione dell’articolo 6 sopra citato.

Seconda differenza da una normale adozione: il secondo uomo non ha mai effettuato alcuna pratica per adottare ufficialmente i bambini. Non ho elementi per dubitare del suo proponimento di prendersene cura, ma credo sia la prima volta, per lo meno da quando esiste l’anagrafe pubblica, che la Chiesa Valdese accetta nel modo più solenne e pubblico (il battesimo è l’unico atto della Chiesa dove è determinante il ruolo dei genitori, ed è anche un sacramento) che per essere genitore basti una dichiarazione al pastore, o fosse pure al concistoro. Ripeto la domanda già fatta nella mia lettera e alla quale non hai risposto: a una coppia regolarmente sposata sarebbe stato concesso lo stesso privilegio ?

Terza differenza da una normale adozione, che sarebbe più chic fingere di non vedere, ma io né fingo né sono chic: i “genitori” erano entrambi uomini. Questo potrà essere un dettaglio irrilevante per te, per loro, per i membri del concistoro, ma non lo è per l’Ordinamento Valdese che sul matrimonio si esprime attraverso il documento del 1971, nel quale si parla esplicitamente del matrimonio tra uomo e donna. E non si può fare finta di pensare che, va be’, tra due uomini non ci si può sposare ma si possono avere o adottare figli. Il legame, sia pure non assoluto per via dell’adozione, tra matrimonio e procreazione è anch’esso esplicitamente riconosciuto nel documento. Oltre all’Ordinamento Valdese, anche le leggi dello Stato non riconoscono la possibilità di essere genitori, sia pure adottivi, per le coppie dello stesso sesso. Lo consentono le leggi della California, dove i bambini sono nati, ma per la legge federale degli Stati Uniti almeno un adottante deve essere cittadino americano. Per questa ragione, non solo il secondo uomo non ha potuto adottare i bambini ma, salvo imprevedibili mutamenti di leggi, non potrà farlo neppure in futuro né in Italia né altrove. Anche in questo, Pastore e Concistoro hanno compiuto un atto mai visto prima. Dalla tua risposta, però, si intende chiaramente che il Concistoro ha autorizzato il battesimo, ma non si capisce se è stato coinvolto nella scelta di definire “genitori” i due uomini richiedenti. Questo non è un dettaglio e sarebbe davvero interessante sapere come sono andate le cose.

Scrivi, attribuendomi questa volta una sorta di volontà di discriminare i bambini per via dei genitori: “non c’è quindi stato nessun abuso…, a meno che il sospetto di ‘abuso’ non riguardi il battesimo ma la coppia che l’ha richiesto”. L’ordinamento valdese dice che “il battesimo dei fanciulli avviene su richiesta dei genitori”. A costo di accusarmi di una cosa vergognosa, perciò, ipotizzi che io abbia qualcosa contro questi bambini, in ogni caso innocenti, e non tieni conto del fatto che l’elemento indispensabile del battesimo dei fanciulli è la volontà dei genitori, cosa  ben radicata non solo nel nostro ordinamento ma nella nostra storia, a causa dei rapimenti di bambini per portarli alla “casa dei Catecumeni” o dei battesimi segreti, con successiva restituzione ai bambini ai genitori, che si ritiene venissero praticati da preti bene intenzionati ma – appunto- senza il consenso dei genitori. È ovvio che il punto è questo. Se si trattasse di qualsiasi altro tipo di atto, poco importa chi siano i genitori, poiché il confermando, colui che partecipa alla Cena del Signore e così via, si assumono personalmente le loro responsabilità. In via IV novembre, invece, si è assunta la qualità di genitore per semplice dichiarazione, pur essendo presente altra persona che aveva certamente titolo a quella qualifica.

Ancor peggio, ricordi che io ho scritto di condividere l’esigenza dell’accoglienza, anche verso gli omosessuali, e scrivi: “che cosa significa ‘accogliere’ ? Accogliere i bambini, ma non la coppia? Assurdo, perché senza la coppia, non ci sarebbero i bambini”. Anche qui, dimentichi il ruolo dei genitori nel battesimo dei fanciulli e scrivi come se l’essenziale fosse avere dei bambini a portata di mano, poi chi li abbia portati non ci interessa più di tanto, basta che a noi si presenti come “genitore”, anche se non lo fa altrove. Inoltre, in questo caso, senza la coppia il bambino ci sarebbe eccome! Bastavano l’uomo e una delle due donne-oggetto usate alla bisogna. Infine, “accoglienza” non vuol dire “approvazione” e tanto meno “consacrazione”. Gesù salvò l’adultera dalla lapidazione ma le disse “va’ e non peccar più”, non “infischiatene, sono leggi retrograde”. Frequentava i peccatori, non ne celebrava i peccatiPurtroppo, spero al di là delle intenzioni, i bambini hanno finito per essere strumento per il riconoscimento di una unione omosessuale. Se si voleva davvero dare priorità alle loro esigenze, era sufficiente comportarsi esattamente come in qualsiasi caso in cui ci sono figli con un genitore solo, in caso di vedovanza, ad esempio. Il genitore vero (per la biologia e per la legge in questo caso) richiede il battesimo, poi, sarà libero di avvalersi della collaborazione della persona con la quale sceglie di vivere e di avere questa persona accanto a sé. Oppure, visto che neppure più la Chiesa Cattolica Romana ritiene che i non battezzati vadano all’inferno, si poteva tranquillamente attendere che i bambini potessero far la scelta da sé. Ma evidentemente la priorità era un’altra.

Scrivi: “Su questa materia il Sinodo non ha legiferato. È vero: il Sinodo è in ritardo.” Ecco: se le norme non sono come piacciono a te (è un “tu” esemplificativo), non sei tu che sbagli, è il legislatore che è in ritardo. Se prendi una multa perché sei passato con il rosso, chi sbaglia è il semaforo: lui era in ritardo, tu eri nel giusto.

Continui: “Non ci sono norme, tanto meno ‘in vigore da secoli’. Questo vuoto legislativo non giova a nessuno. Né il Concistoro né il pastore possono aver trasgredito norme che non ci sono. Sarebbe però molto meglio se ci fossero”. Insomma, non essendo stata ancora approvata (in questo caso neppure proposta) la norma che abolisce i limiti di velocità, chi li supera lamenta il “vuoto legislativo”. In realtà, le norme ci sono eccome, e, per l’appunto, sono in vigore da secoli. È vero che la fecondazione artificiale esiste da poco e le norme antiche non possono tenerne conto, ma l‘adozione è vecchia come il mondo, certamente assai più della Chiesa Valdese, per quanto antica questa sia. E, proprio perché l’adozione ha la stessa dignità della procreazione, non si è mai visto nella Chiesa Valdese un bambino adottato da due uomini o due donne, se non altro per le norme contenute nel documento sinodale del 1971, non certo innovative, ma riepilogative di altre o di usi mai venuti meno. Come da secoli esiste la norma sul battesimo dei fanciulli.

“Il Sinodo è in ritardo”. Si può essere in ritardo in una gara di velocità o un appuntamento. Quando si tratta della Parola di Dio, si tratta di seguirla o no, non di essere in ritardo. In ogni caso, a quanto pare, il Sinodo ha poca importanza, visto che tu, e forse il Concistoro di via IV novembre, hai già deciso.

Il fatto compiuto è l’esatto opposto non solo della democrazia, ma di qualsiasi ordinamento basato sulla legge. E, purtroppo, il 23 maggio avete praticato il fatto compiuto, così come il pastore Esposito con il matrimonio/benedizione (almeno l’ambiguità potrebbe esserci risparmiata!) di Trapani.

Tenendo conto di quanto accaduto a Roma e a Trapani, come ci si dovrebbe comportare di fronte a un poligamo che presenta un bambino insieme a una delle mogli? A un padre che volesse sposare la figlia o presentare al battesimo il frutto di questa “espressione d’amore”? A un uomo sposato che volesse la benedizione della sua relazione adulterina ? Dove sono gli argomenti per rifiutare tali atti ? Non siamo forse per l’accoglienza ? Non sosteniamo che “Dio vuole l’amore, non lo giudica ? Le prescrizioni bibliche contro l’adulterio e l’incesto non sono forse contenute nello stesso passo di quelle che condannano l’omosessualità?

Infine, un altro privilegio inventato per i due “genitori”: l’anonimato. Nella mia lettera io scrissi i loro due nomi, tu hai pensato di sostituirli con nomi di fantasia. La questione, per me, non cambia. Ma quando mai un atto pubblico, come questo dove oltre al battesimo in sé vi è la presentazione alla comunità, viene fatto con garanzia dell’anonimato ? Anche qui c’è una analogia con il “matrimonio” di Trapani.

Caro Paolo, ciò che mi dispiace e mi preoccupa davvero non è avere posizioni diverse con un fratello su un argomento, seppure importante. Ma non intendersi sul significato delle parole. Prego il Buon Dio che ci illumini. Cordialmente

Lucio Malan

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