L’ALLEANZA EVANGELICA ITALIANA: LA CHIESA VALDESE “INVECE DI IMPEGNARSI NELL’EVANGELIZZAZIONE… REITERA L’ALLONTANAMENTO DALL’ETICA BIBLICA”

L’Alleanza Evangelica Italiana (espressione italiana, costituitasi nel 1974, della World Evangelical Alliance, nata nel 1846), a seguito dell’attacco da parte della Chiesa Valdese di Torino, rilanciato dai mezzi d’informazione nazionali valdesi, nei confronti degli evangelici organizzatori di “Torino io ti…” – rei di avere dichiarato di non volersi confondere con il Torino Pride, “manifestazione dell’orgoglio di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali” – ha rilasciato questo comunicato:

L’Alleanza Evangelica Italiana esprime solidarietà fraterna ed incoraggiamento alle chiese evangeliche che hanno organizzato la marcia evangelistica “Torino io ti …” del 16 giugno p.v. e invita a pregare il Signore affinché la marcia sia un bell’appuntamento di testimonianza dell’Evangelo in città e possa portare tante persone a incontrare Gesù Cristo come personale Salvatore e Signore;

anche in presenza di manifestazioni concomitanti, invita i fratelli e le sorelle di Torino a tenere “alta la parola della vita”, in modo degno e decoroso, senza accettare provocazioni e facili strumentalizzazioni;

si rammarica che le chiese protestanti “storiche”, invece di impegnarsi nell’evangelizzazione della città, abbiano invece voluto puntualizzare la loro distanza rispetto alle motivazioni evangeliche della marcia, reiterando il loro ormai più che decennale allontanamento dall’etica biblica della sessualità;

ricorda che sul tema della sessualità, esiste un’ampia documentazione che testimonia il fatto che la posizione evangelica classica non sia omofoba né schiava di pregiudizi culturali negativi (i credenti sono invitati a “resistere alle molteplici forme di disordine sessuale presenti nella cultura che ci circonda”, Impegno di Città del Capo, 2010, 2e.2)., ma al contrario renda ragione di tutto il consiglio di Dio come testimoniato dal testo seguente:

il tema dell’omosessualità non è semplicemente una questione di carattere etico, ma ha importanti addentellati dottrinali, visto che etica e dottrina sono organicamente collegate. Infatti, nell’avvicinarsi alla questione, si misurano il modo in cui si legge la Bibbia, la visione antropologica, la concezione del peccato, il senso della grazia, la dinamica della santificazione. Per i credenti, la struttura normativa di riferimento non può che essere la Parola di Dio. La Bibbia non contiene un versetto isolato, ma è una sinfonia di testi che convergono nel delineare la medesima posizione. Parlano dell’omosessualità in termini di peccato testi narrativi (Genesi 19), testi legislativi (Levitico 18,20), testi evangelici (Matteo 15,19 e Marco 7,11, riferendosi alle impurità sessuali, comprese quelle eterosessuali), testi didattici (Romani 1,18-32), testi parenetici (1 Timoteo 1,8-11 e 1 Corinzi 6,9). La testimonianza biblica dell’AT e del NT converge in modo univoco. Alla luce dell’antropologia biblica, innervata dalla dottrina della creazione, del peccato e della redenzione, si può affermare che:

1. L’omosessualità è un peccato che distorce la dimensione relazionale della vita: la relazione con sé (identità, genere, autocomprensione); la relazione con l’altro da sé (ricerca dell’omologo, non accettazione della diversità, mancata volontà di crescita nella complementarietà); la relazione col futuro (esclusione della genitorialità e dell’avventura parentale).

2. L’omosessualità è un peccato come gli altri. Nella Bibbia non è mai visto in modo a sé stante, ma sempre pensato come appartenente alla vasta fenomenologia del peccato: l’adulterio, la fornicazione, l’avarizia, ecc. Nella Bibbia si parla più di adulterio che di omosessualità: l’adulterio compiuto, l’adulterio immaginato, … È necessario sgomberare il campo dalla “supremazia eterosessuale” che è generatrice di discriminazioni e moralismi omofobici. La Scrittura afferma la caduta dell’integrità originaria della natura umana, bisognosa della redenzione divina. Ogni essere umano è “sessualmente anormale” ed è come tale chiamato a un’opera di riforma radicale del proprio essere che è resa possibile dalla grazia di Dio. Non si tratta, allora, di avere pregiudizi culturali, ma di ricevere il messaggio biblico attraverso cui Gesù Cristo vuole liberarci dalle nostre idolatrie sessuali.

3. L’omosessualità è un peccato da cui è necessario pentirsi e ravvedersi; da cui è possibile ravvedersi per intraprendere un cammino diverso di ristrutturazione identitaria. L’essere umano, creato ad immagine di Dio uomo e donna, vive nella prospettiva della complementarietà. È questo l’orizzonte biblico entro il quale vivere la sessualità e la propria identità di genere. Tutti, eterosessuali e omosessuali, siamo chiamati ad essere redenti dalla grazia di Dio, proprio nel nostro essere sessuati. Detto questo, per la Bibbia la sessualità redenta si esprime nell’ambito di un rapporto tra un uomo e una donna all’interno di un patto matrimoniale. Altri tipi di rapporti sessuali sono considerati peccaminosi e deleteri. Una chiesa che “accoglie”, senza la prospettiva della totale redenzione della persona, perde metà del messaggio biblico e, in fondo, lo deforma accomodandolo alle strutture di plausibilità della cultura inclusiva della postmodernità. L’atteggiamento evangelico è sì di accoglienza ma anche di richiesta di abbandono del peccato, come disse Gesù alla donna adultera: “Neppure io ti condanno. Va e non peccare più!”

Anche sull’omosessualità, gli evangelici non possono che basare il proprio pensiero sulla Parola di Dio senza anteporre la sensibilità del tempo, sia essa omofobica, sia essa omolatrica. Ogni altra considerazione viene dopo ed è subordinata a quello che dice la Bibbia. Si tratta di un messaggio ostico per la nostra società, ma è un messaggio che libera dalla schiavitù del peccato. D’altronde, non è meglio ubbidire a Dio anziché agli uomini.

Ancora una volta, la Chiesa Valdese, cui la storia e il prestigio (sempre più offuscato, ma ancora vivo in molti che non conoscono ciò che è diventata oggi), conferirebbero naturalmente un ruolo fondamentale nel mondo evangelico italiano e non solo, ha invece deliberatamente creato divisione.

Commentiamo

Più che la cultura dell’accoglienza, la Chiesa valdese pratica la doppia morale

E’ sempre più evidente che la “cultura dell’accoglienza e dell’accettazione”, sbandierata a ogni passo da coloro che guidano la chiesa, è applicata con la solita doppia morale. Accoglienza e accettazione sono solo per gli amici, e l’amicizia non ha nulla a che fare con la fede: amici sono tutti gli appartenenti a determinate tendenze politiche, anche se – o addirittura preferibilmente se – atei, islamici ecc., amici sono gay, purché politicamente schierati, amici sono i nemici di Israele e così via.

Per gli altri c’è ostilità, aggressione verbale non esente da menzogna e mistificazioni, censura sui mezzi di informazione, emarginazione, e – per ora solo nei confronti di questo sito – condanna sinodale.

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