Episodi di storia valdese narrati da W.S.Gilly (2)


Prima parte, seconda parte, terza parte, quarta parte


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Supporto internazionale ai tempi di Gilly.

(Molto approssimativamente possiamo dire che 1 franco del 1823 equivale a 10 euro del 2010)

L’Inghilterra garantiva un supporto in denaro di 300 franchi annui ai pastori valdesi (3900 f. in totale), che però sospese nel 1797, dopo che le Valli erano diventate uno dei domini di Napoleone.

A rimborso del lavoro da loro svolto nella tenuta dei registri della popolazione, Napoleone assegnò ai pastori la rendita di certe terre che era di 1000 franchi all’anno per ciascuno di essi, cui si aggiungevano 200 franchi pagati dalla tesoreria: in totale circa 15.000 franchi.

Il comitato olandese garantiva 100 franchi ai due pastori più anziani e 75 ai tre che seguivano in età.

Meno generosamente il Re di Sardegna garantiva 600-640 franchi all’anno ad ogni pastore (circa 8000 in totale) ricavati da una tassa che gravava solo sui Valdesi!

In totale i pastori potevano perciò contare su 1000-1040 f all’anno, con i quali dovevano però gestire anche le spese per la loro abitazione e per il loro ufficio, libri ecc. Il moderatore aveva a suo carico anche la corrispondenza in quanto rappresentante della Chiesa.

La Svizzera contribuiva con 600 franchi alle spese di 4 studenti in teologia a Losanna.

Tra il 1820 e il 1825 l’Olanda donò 17.675 franchi per scuole, pastori emeriti e vedove di pastori.

Il Re di Prussia diede 10.000 franchi per gli stessi fini.

Alessandro I, Zar delle Russie donò 6000 franchi per una nuova chiesa a Pomaretto, 2000 per supporto generale e 4000 per la costruzione dell’Ospedale di Torre Pellice. Quest’ultima somma fu decisiva per rendere possibile l’impresa di avere un ospedale per i Valdesi, allora in estrema povertà, discriminati e vessati dal governo. L’ospedale esiste ancora, ma non è più di proprietà valdese dal 2003, quando un debito di oltre 60 milioni (una somma circa millecinquecento volte superiore a quella donata dallo Zar!) costrinse la Chiesa a cederlo alla Regione Piemonte.

Mentre Gilly passava all’altezza di Luserna, sulla riva sinistra del Pellice, nel luogo dove oggi sorge il centro di Luserna San Giovanni e che allora era quasi disabitato, gli fu indicato un punto del torrente dove accadde un episodio notevole, non ben individuato nel tempo. Un giovane valdese di San Giovanni aveva lavorato a lungo alla conversione di un coetaneo cattolico, andandolo a trovare tutte le sere per spiegargli le ragioni della propria fede. Ma proprio la sera nella quale sperava che l’amico cattolico avrebbe fatto il passo decisivo, una piena del Pellice aveva interrotto ogni possibilità di attraversarlo. Il suo ardore missionario era tale che si gettò a nuoto i vortici del torrente, che quando è in piena merita certo il nome di fiume. E il suo coraggio fu premiato, non solo nel sopravvivere ai flutti, ma dalla conversione del giovane cattolico.

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Il tempio di San Giovanni e la sua palizzata

I Valdesi di San Giovanni in Val Pellice non avevano mai potuto costruire un tempio nelle aree più raggiungibili della valle fino a quando non ricevettero l’autorizzazione ai tempi di Napoleone. Ma già nel maggio del 1814, restaurato il vecchio regime dei Savoia, un editto intimò la demolizione dell’edificio di culto costato tanti sacrifici. Ambasciatori di diversi paesi, tra i quali Inghilterra e Prussia, intervennero per difendere il tempio, che alla fine restò in piedi e destinato al culto, ma con la condizione che davanti ad esso fosse eretta una palizzata che “proteggesse” i fedeli cattolici (pare una quarantina) dal turbamento di vedere gli “eretici” (all’epoca mai meno di cinquecento) frequentarlo.
Un altra palizzata – più piccola – fu eretta davanti alla scuola valdese di Torre Pellice, dopo le lamentele di qualche zelante passante che lamentava di dover sentire ripetere “lezioni di eresia”.

La domenica dei Valdesi
Gilly giunse a Torre Pellice una domenica mattina e notò un’atmosfera ben diversa da quella osservate in altre parti del continente, simile invece a quella usuale in Inghilterra: “silenzio e decoro nelle strade, dignità nell’abbigliamento e pulizia nel contegno di questi contadini”. Quanto all’area davanti al tempio, scrive Gilly “non ho mai visto dall’altra parte della Manica un luogo sacro che possa essere paragonato ai nostri quanto questo”.

Il tentativo di sterminio del 1794
Nel maggio del 1794, quando quasi tutti gli uomini abili alle armi era sulle montagne a difendere i confini del Regno, un gruppo di ottocento fanatici cattolici si era proposto di sterminare i Valdesi della Val Pellice. Per questo, avevano diffuso la falsa notizia che il forte di Mirabuc, che difendeva il confine della valle con la Francia, era stato preso dai Francesi per il tradimento dei Valdesi. In realtà non c’era nessun valdese tra i difensori del forte costretti alla resa e tutti i valdesi abili alle armi avevano validamente difeso i confini piemontesi in altri settori del fronte.
I fanatici pensavano di approfittare della lontananza degli uomini per sterminare le loro famiglie, a poco più di un secolo di distanza dal precedente tentativo di sterminio totale. All’ultimo momento, furono informati della scellerata impresa due cattolici, che i congiurati pensavano di poter coinvolgere per via del noto rigore religioso cattolico: il capitano della milizia di stanza a Cavour, Odetti, e il curato di Luserna Don Brienza. Costoro erano però veri cristiani ed ebbero orrore di quanto si voleva fare e avvertirono dei loro amici valdesi.
La notizia arrivò ai soldati valdesi al fronte, che faticarono diverse ore per convincere il loro comandante a lasciarli venire in soccorso ai loro cari. Quando il permesso fu concesso, nel pomeriggio di quello stesso 24 maggio per il quale era previsto l’attacco, si lanciarono disperatamente dalle montagne verso Torre Pellice, dove il massacro doveva iniziare all’imbrunire, al segnale della campana del convento. Divorarono i quindici-venti chilometri con il cuore in gola, ma mentre erano prossimi a Torre Pellice, scoppiò un furioso temporale la cui violenza rallentò la corsa che si arrestò del tutto davanti a un torrente il cui attraversamento era reso impossibile dall’improvvisa corrente. Mentre si ingegnavano a tentare ugualmente il passaggio, udirono la campana del convento dare il segnale previsto. Temevano ormai di dover vendicare il massacro anziché prevenirlo, ma quando, un paio d’ore dopo, arrivarono a Torre, appresero che il temporale, che era sembrato fatale, era stato invece provvidenziale: mentre aveva solo rallentato i soccorritori, aveva bloccato i una parte importante degli assassini. Quelli che erano già pronti all’azione attesero che arrivassero altri complici per agire, ma prima dei rinforzi arrivarono gli uomini valdesi.
Il Gilly fu colpito dal fatto che i valdesi si accontentarono della salvezza dei loro cari e non torsero un capello a nessuno dei fanatici. E sottolineò il fatto che il comandante del reparto dei valdesi, il generale Godin, svizzero, fu rimosso dal comando per aver permesso ai suoi uomini di allontanarsi, sia pure per poche ore, dalla linea del fronte.

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Il tentativo di sterminio del 1794

Nel maggio del 1794, quando quasi tutti gli uomini abili alle armi era sulle montagne a difendere i confini del Regno, un gruppo di ottocento fanatici cattolici si era proposto di sterminare i Valdesi della Val Pellice. Per questo, avevano diffuso la falsa notizia che il forte di Mirabuc, che difendeva il confine della valle con la Francia, era stato preso dai Francesi per il tradimento dei Valdesi. In realtà non c’era nessun valdese tra i difensori del forte costretti alla resa e tutti i valdesi abili alle armi avevano validamente difeso i confini piemontesi in altri settori del fronte.

I fanatici pensavano di approfittare della lontananza degli uomini valdesi per sterminare le loro famiglie, a poco più di un secolo di distanza dal precedente tentativo di sterminio totale. All’ultimo momento, furono informati della scellerata impresa due cattolici, che i congiurati pensavano di poter coinvolgere per via del noto rigore religioso cattolico: il capitano della milizia di stanza a Cavour, Odetti, e il curato di Luserna Don Brienza. Costoro erano però veri cristiani, ebbero orrore di quanto si voleva fare e avvertirono dei loro amici valdesi.

La notizia arrivò ai soldati valdesi al fronte, che faticarono diverse ore per convincere il loro comandante a lasciarli venire in soccorso ai loro cari. Quando il permesso fu concesso, nel pomeriggio di quello stesso 24 maggio per il quale era previsto l’attacco, si lanciarono disperatamente dalle montagne verso Torre Pellice, dove il massacro doveva iniziare all’imbrunire, al segnale della campana del convento. Divorarono i quindici-venti chilometri con il cuore in gola ma, mentre erano prossimi a Torre Pellice, scoppiò un furioso temporale la cui violenza rallentò la corsa, che si arrestò del tutto davanti a un torrente il cui attraversamento era reso impossibile dall’improvvisa piena. Mentre si ingegnavano a tentare ugualmente il passaggio, udirono la campana del convento dare il segnale previsto. Temevano ormai di dover vendicare il massacro anziché prevenirlo, ma quando, un paio d’ore dopo, arrivarono a Torre, appresero che il temporale, che era sembrato fatale, era stato invece provvidenziale: mentre aveva solo rallentato i soccorritori, aveva bloccato una parte importante degli assassini. Quelli che erano già pronti all’azione attesero che arrivassero altri complici per agire, e prima dei rinforzi arrivarono gli uomini valdesi.

Il Gilly fu colpito dal fatto che i valdesi si accontentarono della salvezza dei loro cari e non torsero un capello a nessuno dei fanatici. E sottolineò il fatto che il comandante del reparto dei valdesi, il generale Godin, svizzero, fu rimosso dal comando per aver permesso ai suoi uomini di allontanarsi, sia pure per poche ore, dalla linea del fronte.