Figli traviati e peccatori

di Luca Zacchi

Tornate, figli traviati, io vi guarirò dei vostri traviamenti! Eccoci. Noi veniamo da te, perché tu sei il Signore, il nostro Dio. (Geremia 3,22)

Avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi. Pulite le vostre mani, o peccatori; e purificate i vostri cuori, o doppi d’animo! (Giacomo 4,8-9)

Il Lezionario dei Fratelli Moravi, pubblicato in Italia dalla casa editrice Claudiana con il titolo Un giorno, una Parola, avvicina oggi per la preghiera questi due versetti. Uno preso da uno dei grandi profeti dell’Antico Testamento, Geremia, l’altro da una lettera del Nuovo, quella di Giacomo, uno dei testimoni oculari della resurrezione di Gesù.

Ad una prima lettura ne ho notato soprattutto la somiglianza. Tornate… Avvicinatevi… figli traviati… peccatori… 

Poi ho notato le differenze. Nel primo caso c’è una esortazione di Dio, per bocca del profeta, ed una risposta dei ‘figli traviati’ che è una professione di fede: Eccoci. Noi veniamo da te, perché tu sei il Signore, il nostro Dio. Il brano prosegue con una dichiarazione dell’inutilità della mondana idolatria (Vano il soccorso che si aspetta dalle alture, dalle feste strepitose sui monti…).

La seconda è una esortazione che è una chiara richiesta di sottomissione a Dio ed alla sua Parola (chiarissima nel versetto precedente, il versetto 7, che inizia esplicitamente con Sottomettetevi dunque a Dio, ma resistete al diavolo ed egli fuggirà da voi).

Perché questa differenza? Io credo perché nel secondo caso Giacomo scrive a delle persone che hanno visto l’Incarnazione di Dio nella Persona del Figlio, che la professione di fede l’hanno fatta nel Suo Nome, e che ora devono semplicemente mostrarsi fedeli ad essa. Ma non lo fanno, sono spesso dei cristiani solo ‘nominali’.

La cosa che però mi viene da sottolineare, nella meditazione di stamani è che in entrambi i casi il profeta e l’apostolo si rivolgono ai loro interlocutori con appellativi simili quali sono la locuzione “figli traviati” e l’espressione “peccatori”. Come a dire ricordatevi chi siete e da dove venite, cosa c’è nei vostri cuori: il peccato, la tendenza verso di questo, la tentazione di cedere al Maligno, la tentazione di cercare il bene nel mondo e nelle sue realtà e non soltanto in Dio, nel Suo Verbo Incarnato, nella Sua Parola.

Giacomo 4,4, ancora più chiaro: O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio.

Serve altro?

Alla luce di questo, alla luce della Parola di Dio, la sola luce che mi interessa avere, guardo a quanto è accaduto ieri, 8 gennaio, a Parigi, o in Nigeria (già, in Nigeria, permettetemi una parentesi; una vita è una vita ed è preziosissima perché dono di Dio, però notate: 12 morti a Parigi, 2000 ed oltre in Nigeria sempre per mano di islamisti, 560 persone confinate su un isolotto e destinate a morire di fame; fate un giochino che ho fatto stamani, guardate le proporzioni sui principali giornali online con cui vengono raccontate le due cose; cercate, inutilmente finora, ve lo anticipo, degli articoli dei “maestri di pensiero” occidentali sul paese africano).

Alla luce della Parola di Dio, ripeto, quanto accaduto ieri a Parigi ed in Nigeria mostra che la tendenza dell’animo umano al peccato resta sempre viva, come ci insegna una corretta antropologia biblica, soprattutto quella protestante, riformata, che questo aspetto sottolinea costantemente e con forza.

Il peccato, l’istinto al peccato resta sempre nel cuore dell’uomo, pronto a ridestarsi, pronto a colpire il suo simile, anche il suo stesso fratello. Solo la grazia di Cristo è capace di darci la forza di vincere questo peccato (Tu, dominalo!,  disse il Creatore a Caino) ma la vicinanza con Lui, l’attenzione allo stare con Lui e non con il mondo e le forze che lo dominano, dev’essere costante, dev’essere continua. Attraverso il confronto quotidiano con la Parola di Dio, attraverso quotidiani tempi di preghiera (magari fossimo capaci di far diventare preghiera tutto il quotidiano, come dovremmo…).

Non illudiamoci di trovare salvezza fingendo o costringendoci a credere che l’uomo sia intrinsecamente buono, cullandoci in un umanesimo vuoto. Non sostituiamo alla carità cristiana, che è agape, che è imparare a condividere, che è passare per la Croce!, per la Croce, o non è carità!, un generico appello a volerci bene in nome di valori tanto pubblicizzati quanto fasulli, tanto apparentemente veri, quanto inesorabilmente traditi.

L’uomo biblico, l’uomo come ce lo rivela la Scrittura, non è l’uomo apparentemente perfetto del rinascimento o quello del secolo dei lumi. L’uomo biblico è quello reale, l’uomo vero, costantemente in lotta con la propria miseria, costantemente peccatore, eppure costantemente vincitore, se getta però tutto ciò che è ed ha in Cristo.

L’uomo del secolo dei lumi è quello che ha generato tante cose buone, come allo stesso tempo ha generato mostri come terrore, totalitarismi, genocidi, che ci piace così tanto dimenticare, o giudicare inspiegabili, o rifilare alle colpe di pochi colpevoli designati.

Eppure ancora leggo pensieri, anche di uomini di fede, che considerano quello un modello di uomo da imitare. Eppure dovrebbero aver imparato! Sono credenti islamici nati e cresciuti in Europa a compiere quelle stragi, non disagiati fuoriusciti da questo o quel campo profughi. Sono credenti islamici, ma che hanno studiato nelle scuola francesi, Voltaire e Rousseau…

Sapete, io credo facciano tanta paura a tanti, esattamente per quello, perchè non fanno che rivelare quello che la Bibbia è profondamente cosciente che siamo, tutti: degli uomini e delle donne salvati per grazia, per la sola grazia, che continuano però ad avere ed a nutrire dentro di sè la bestia, il mostro del peccato. Dei doppi d’animo che hanno come unica speranza di salvezza il sottomettersi a Dio senza discussioni di cui parla Giacomo.

Avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi. Pulite le vostre mani, o peccatori; e purificate i vostri cuori, o doppi d’animo! (Giacomo 4,8-9)

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