‘Riforma’: “Spazio di dialogo e di confronto”, “Protestanti, una cultura”

Il “settimanale delle chiese evangeliche battiste, metodiste, valdesi” Riforma sta diffondendo dei simpatici segnalibri promozionali per invitare ad abbonarsi.

Il richiamo principale è: “Protestanti, una cultura”. Ci sono due possibili interpretazioni. Quella più diretta è che “i protestanti hanno una sola cultura”, e che l’interprete di questa cultura unica è Riforma. Grazie a Dio non è così: accanto agli estremismi “liberali” espressi da Riforma, vi sono ancora, o di nuovo, chiese o denominazioni “storiche” che tornano alle radici storiche della Riforma. Oltre a queste, ci sono anche le nuove chiese evangeliche, pentecostali e altre, spesso ancora più lontane dai valdesi istituzionalizzati. Per cui, non è vero che i protestanti italiani hanno “una [sola] cultura”, anche se il concetto è ribadito nel primo dei quattro slogan dell’altro lato del segnalibro: “Voce della minoranza protestante in Italia”. Ma quando mai! I protestanti in Italia sono almeno 400mila. Di questi, valdesi, metodisti e battisti sono il 10 per cento: si può dunque parlare di voce della minoranza protestante? Davvero non si dovrebbe, ma qualche esagerazione è frequente nella pubblicità. Vanno però ricordati gli anatemi di questi stessi signori quando pretendono che noi non dovremmo usare il nome di valdesi. La mancanza di coerenza è sempre penosa, tanto più da parte di persone che si professano cristiane.

L’altra interpretazione dello slogan “Protestanti, una cultura” è che il protestantesimo sia “una cultura”. Dire di essere “di cultura protestante” o “di cultura valdese” o “di cultura cristiana” è molto chic, si fa un figurone in società. Intanto si afferma di avere “una cultura” e già non è poco e poi si evita la diffidenza che c’è tra gli intellettualoni verso coloro che credono in Dio, perché non solo non si menziona la parola “fede”, guarda caso quella più importante, ma – in modo elegante – si fa capire di non averla. Che altro senso può avere infatti menzionare il “protestantesimo”, basato sulla fede in Dio e in suo figlio Gesù, il Cristo, usando la parola “cultura”? Forse che il protestantesimo professa la salvezza “mediante la sola cultura”?  L’apostolo Paolo ci ha mai parlato di “cultura”? Ah già, dimenticavamo che questi signori pensano di saperne più di Paolo, e peraltro anche più di Gesù.

Un altro slogan interessante in quei segnalibri promozionali di Riforma è quello che descrive il settimanale come “spazio di dialogo e di confronto”. Dialogo e confronto con chi la pensa come loro, naturalmente! Per gli altri, come sappiamo, c’è censura, lettere non pubblicate, rifiuto di pubblicare persino le inserzioni a pagamento nonostante abbiamo dato loro la possibilità di cambiarne il testo a loro piacimento e così via. Ricordiamo anche l’inserzione del nostro appello – a pagamento –  per la fedeltà alla confessione di fede, uscita accompagnata da un articolo che affermava – falsamente – che il nostro si basava su notizie false.

La “cultura” protestante dovrebbe implicare il rifiuto della menzogna. Ma la “cultura” senza fede non vale niente e infatti tollera benissimo la menzogna.

4 commenti

  1. Purtroppo questo “elegante senso di vergogna” riguardo alle fede non è solo presente nell’ambito valdese liberale, ma è trasversale a diverse altre realtà del mondo protestante storico, ma anche in certi ambiti evangelici dove regnava una volta la stessa ortodossia biblica. Nessuno è al riparo dell’attrazione per il “chic culturale”. Chi degna professare la sua fede in Cristo oggi, anche con tanto di delicatezza, viene sovente – o quasi sempre – scartato, quando non è adirittura deriso in pubblico. Ne sono stato testimone poco fa, insieme ad un altro pastore di una chiesa riformata belga, quando ci alzammo per riaffermare in pubblico la nostra fede biblica.. con tanto di beffe, sguardi sorpresi per avere osato mettere in discussione il Big Bang, dicendo semplicemente che un “ipotesi scientifica non può essere spacciata per “fatto scientificamente provato”..

  2. Riportiamo dei commenti a questo articolo provenienti da FaceBook, e li aggiungeremo qui se ve ne saranno ancora altri.

    Gianluca Fiusco “Le culture evangeliche sono indubbiamente tante, e personalmente nel “Protestanti una cultura” ci leggo semmai l’invito a documentarsi sui Protestanti. Del resto le “culture” non sono mai frutto di processi statici e monolitici. Ad ogni modo, al di la delle esilaranti dietrologie, finora avete voi rivendicato di essere i fedeli interpreti del messaggio biblico, cioè avete proposto l’unica verità che promana dal conservatorismo evangelico contro l’insulso liberalismo delle cricche e delle caste dominanti. Ne desumo perciò vi proponiate di “combattere” il monopolio dei Valdometobattisti, col monopolio SAV. Una domanda forse ingenua: per caso i vostri teologi e dottori della legge sedevano al Concilio di Trento? Postilla: vi prego continuate coi vostri interventi, riportano il buonumore”.

    Iolando Scarpa “Mi piacerebbe che certe accuse rivolte a Riforma, all’interno di questo “ameno” articolo, fossero debitamente documentate… e poi se ne riparla!”.

    Stefano Fernando Tozzi “mi spiace, ma quando vedo articoli ed interventi o anonimi o firmati con uno pseudonimo, mi fermo “ante portam”. peccato!”

  3. “In questo mondo la Chiesa non trionfa né risplende di una sontuosità talmente raggiante e fastosa che al solo vederla gli uomini rimangano incantati e si sottomettono ad essa. Al contrario, essa è spesso abbandonata e sfigurata…noi saremo rigettati e disprezzati dal mondo, ci insulteranno e saremo così tribolati e tormentati che non ci verrà neanche in mente di cercare qui sulla terra pace e riposo…I figli di Dio sono perseguitati non solo con la spada, il fuoco, la tortura, la prigionia e altri tormenti del corpo, ma sono feriti anche dalle ingiurie che gli increduli e i nemici della verità vomitano su di loro.
    Giovanni Calvino (1558).

  4. Luca Pasquet: Protestanti una cultura è il titolo dell’ultimo libro di Giorgio Tourn, che descrive la storia del protestantesimo negli ultimi 250 anni. Poi riforma è libera di giocarci a scopo promozionale, perché il legame tra un settimanale e la cultura è evidente, e il gioco di parole viene bene. Punto, tutto il resto sono speculazioni mentali, acide e già sentite.

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