RIFORMA SI FA IN 4 – Ma quanti passi indietro dal 1848

Il settimanale Riforma fa sapere che “si fa in quattro”. Simpatico slogan, che corrisponde a una realtà di crescita. Dal settimanale cartaceo, che continua le sue pubblicazioni, germogliano anche: un quotidiano on-line sotto forma di newsletter inviata ogni giorno alle 13, un nuovo portale con aggiornamenti quotidiani e un supplemento mensile cartaceo inviato per posta a tutti gli abbonati e distribuito gratuitamente nelle Valli e nel Pinerolese. Un notevole balzo in avanti rispetto a una realtà di crisi di abbonamenti, di risorse al lumicino, più volte lamentata nel settimanale stesso oltre che attraverso le strutture della chiesa con l’invito ai membri di chiesa ad abbonarsi per dare una mano. Improvvisamente, le risorse abbondano: cos’è successo? Un’improvvisa ondata di abbonamenti? O forse un uso dell’8×1000 più ampio dei 45mila euro dell’anno scorso? Con la consueta trasparenza… non lo sapremo mai.

Sta di fatto che ora Riforma si lancia in una grande operazione cui auguriamo un successo pari all’impegno nel diffondere l’Evangelo. A tal proposito, val la pena di dare un’occhiata alla seconda pagina del supplemento mensile, che ha il merito di riportare l’immagine della tesata del primo numero dell’Eco delle Valli, luglio 1848, antenato degli attuali organi di informazione. Benché vi si leggano solo poche parole, ci sono almeno due elementi su cui riflettere.

Il primo elemento è il sottotitolo del periodico “Feuille mensuelle spécialement consacrée aux intérêts de la famille vaudoise” (“foglio mensile dedicato in particolare agli argomenti di interesse della famiglia valdese”). Un’espressione oggi in grado di scandalizzare i bacchettoni del politicamente corretto, che sentirebbero il bisogno – come minimo – di dire “… dedicato alle varie tipologie di famiglia, incluso quelle omosessuali, monogenitoriali, omoaffettive ecc.ecc.”. E qui dovrebbe partire un lungo elenco, nel quale sarebbe comunque difficile includere quella “famiglia” che sarebbero le molteplici relazioni con entrambi i sessi, le quali a parere di una teologa con importanti cariche ecclesiastiche, sarebbero un dono di Dio che “come Valdese” si ha l’opportunità di sperimentare. Eppure, in teoria, si tratta dello stesso giornale e, ciò che più dovrebbe contare, della stessa chiesa.

Il secondo elemento è la citazione che si trovava sotto la testata dell’Écho des Vallées, visibile anche nell’immagine qui accanto: “Ilh dion qu’es Vaudes…”, tradotto in francese, che all’epoca era la lingua della Chiesa Valdese: “Ils disent qu’il est Vaudois…”, versi tratti dal poema valdese medievale Nobla Leyçon scritto in una lingua occitana chiamata da alcuni studiosi “lingua valdese”, di cui qui riportiamo in italiano alcuni versi:

“Ma la Scrittura dice, e noi lo possiamo vedere,

Che se si trova un buono che voglia amare Dio e onorare Gesù Cristo,

Che non voglia maledire, né giurare, né mentire,

Né commettere adulterio, né uccidere, né prender dell’altrui,

Né vendicarsi dei suoi nemici,

Essi dicono che è Valdese e degno di morire.”

Ebbene, come più ampiamente abbiamo analizzato altrove, nel 1848 quel poema era ritenuto dell’inizio del XII secolo, cioè anteriore a Valdo di Lione, prova di una continuità apostolica che all’epoca i Valdesi si attribuivano, sulla base delle loro antiche fonti, suffragate inoltre da scritti degli inquisitori. Anche questo è stato del tutto cancellato: restiamo solo noi a ricordare che fino a non molto tempo fa i Valdesi pensavano questo, e che molti lo pensano ancora, a dispetto dei paludati storici che da molto tempo non si scomodano neppure più di ricordare questa realtà, men che meno di confutare le visioni diverse dalla loro. Del resto, se anche storicamente ci fosse stata questa continuità, quale continuità con gli apostoli potrebbe oggi vantare chi, con il pretesto di “interpretarli”, dice l’opposto?

In realtà, persino il nome Eco delle Valli, non Eco delle Valli Valdesi come si dice oggi, rispecchia l’idea che i Valdesi avevano di sé all’epoca, e non certo per una moda passeggera ma da tempo immemorabile. Come Jean Léger ha spiegato nel suo libro del 1669, Ia parola “valdese” deriverebbe dalle “Valli” delle Alpi Occidentali dove vivevano. Per cui dire “Valli Valdesi” sarebbe una insensata ripetizione, come dire “la Valle Padana del Po”, o “le zone alpine delle Alpi”.

La generazione dei nonni di chi scrive queste righe prese in mano con gratitudine quel primo numero del “foglio mensile dedicato alla famiglia valdese”, pochi mesi dopo aver ricevuto dal Re Carlo Alberto il riconoscimento dei propri diritti civili (che – contrariamente a quanto taluni oggi fanno credere – non consistono nel poter sposare una persona dello stesso sesso). Non c’è molto da rallegrarsi per l’evoluzione dal luglio 1848 ad oggi. Ma non possiamo vivere nel ricordo del passato. Oggi abbiamo tutta la libertà che i nostri fratelli all’epoca non avevamo, siamo banditi dagli organi di informazione della Chiesa ma abbiamo internet… Se confidiamo in Dio la disperazione ci è vietata, e ci è data la responsabilità di pregare e agire.

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