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“MA SE DIO MI HA FATTO COSÌ?”

9 Giugno 2011 admin 0

 

Pubblichiamo un articolo di John Frame (1939), teologo e filosofo calvinista americano. Attualmente è professore di Teologia Sistematica e Filosofia al Reformed Theological Seminary di Orlando in Florida. Frame è laureato alla Princeton University, al Westminster Theological Seminary (dove ha anche insegnato) e alla Yale University.

Ringraziamo il membro di chiesa valdese che ce l’ha inviato, chiedendo di rimanere anonimo (il che la dice lunga sulla diffusione dell’intolleranza nella nostra chiesa.

Aggiungiamo che l’articolo si spinge molto più in là di quanto chiedemmo con l’appello al Sinodo dell’anno scorso, dove ci limitammo ad “appellarci umilmente” all’alto consesso affinché ricordasse i numerosi passi biblici che condannano l’omosessualità prima di addirittura benedirne la pratica. Fummo ascoltati solo da quel 41% dei deputati che non votarono l’ordine del giorno.

MA SE DIO MI HA FATTO COSÌ?

di John Frame.

Oggi è comune che gli omosessuali affermino di non poter essere aiutati ad uscire dalla loro situazione; l’omosessualità, affermano, è innata; forse è geneticamente determinata, in ogni caso è così profondamente connaturata, tale da essere una condizione dalla quale non si può uscire. Concludono, quindi, che la chiesa e la società devono accettare l’omosessualità come una condizione naturale e normale; insistono, infatti, che le persone non possono essere condannate per quello di cui non sono responsabili.

A loro volta, gli omosessuali che vogliono essere considerati cristiani interpretano questa “ineluttabilità” della loro condizione in maniera teistica: “Dio mi ha fatto così.” Possono mai i cristiani condannare qualcosa che Dio ha creato?

Questa domanda viene posta in molte altre discussioni diverse dalla questione dell’omosessualità.

I rapidi progressi della genetica hanno condotto a un acceso dibattito sulla se alcuni comportamenti possano essere considerati innati. Qualche anno fa veniva insegnato che un’alta percentuale di ragazzi col doppio cromosoma “y” assumeva dei comportamenti antisociali. Questa scoperta, allora, implica che la criminalità, in alcuni casi almeno, sia un’innata ed ineluttabile condizione? Che fare? Dovremmo abortire tutti i bambini che presentano questa combinazione genetica? Dovremmo esaminare tutti i neonati ed impegnarci a guidare tutti i bambini con i cromosomi “xyy” in un sentiero formativo differenziato ? Dovremmo cercare di cambiare la mappatura genetica di questi bambini?

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LA FEDE DEL LADRONE E I CONSIGLI DI DIO

17 Maggio 2011 admin 0

39 Or uno dei malfattori appesi lo ingiuriava, dicendo: «Se tu sei il Cristo, salva te stesso e noi». 40 Ma l’altro, rispondendo, lo sgridava dicendo: «Non hai neppure timore di Dio, trovandoti sotto la medesima condanna?41 Noi in realtà siamo giustamente condannati, perché riceviamo la dovuta pena dei nostri misfatti, ma costui non ha commesso alcun male». 42 Poi disse a Gesù: «Signore, ricordati di me quando verrai nel tuo regno». 43 Allora Gesù gli disse: «In verità ti dico: oggi tu sarai con me in paradiso». Luca 23

Uno dei fondamenti del protestantesimo è la dottrina della salvezza per grazia, mediante la fede: “Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio” (Efesini 2:8). Le nostre azioni, per quanto talora lodevoli, non possono superare la nostra umana propensione al peccato e tanto meno sconfiggere la morte, il salario del peccato (Romani 6:23).

Il pastore Giorgio Tourn, nel suo Alfabeto evangelico, fornisce una bella precisazione:

Qualcuno potrebbe dire: ‘Non è un po’ comodo? Se basta credere per essere a posto uno può fare quello che vuole’. È chiaro che non è così: quando uno ha fiducia in una persona e vuole meritare la sua, farà di tutto per esserne degno. Si fanno molte più cose per amore che per obbligo, e la fede è il nostro modo di amare Dio.”

Il ladrone del racconto evangelico, però, arriva alla fede quando non era più possibile per lui fare nulla. Le sue mani inchiodate alla croce non possono compiere opera alcuna, né i suoi piedi portarlo in alcun luogo, neppure a chiedere perdono a coloro alle vittime dei suoi delitti. Gli resta però quel senso di giustizia, evidentemente mai spento nonostante una vita che lui stesso sa essere stata assai mal spesa, che gli rende evidente la differenza fra sé e Gesù. Noi riterremmo, giustamente, odiosa e inaccettabile una pena atroce come la crocifissione, qualunque sia il reato commesso. Ma il ladrone non perde i suoi ultimi minuti di vita per recriminare sulla disumanità delle leggi dell’epoca. Né reagisce come l’altro malfattore che, nella disgrazia, usa le forze residue per commettere un ultima nefandezza ingiuriando quell’uomo giusto. E riconosce che mentre per lui e il suo “collega” si tratta di “dovuta pena”, per Gesù è una somma ingiustizia.

Ma soprattutto si rende conto che quello che ha accanto non è solo un uomo giusto, è Colui che salva gli uomini, il Messia (in greco, il Cristo), il Redentore. Ha fede in Lui. E la sera stessa sarà con Lui in Paradiso.

La strada che ci indica il Signore è quella del ladrone ? Fai quel che ti pare, poi, giunto alle strette, ti affidi a Gesù e sei a posto ? Ovviamente no.

Quella del ladrone, infatti, è una via tutt’altro che facile. Intanto non a tutti è dato di essere