LA FEDE DEL LADRONE E I CONSIGLI DI DIO

preavvisati della morte. Poi, non si tratta di usare Gesù come un dispositivo d’emergenza: “Tirare in caso di pericolo – Ogni abuso verrà punito”, c’era scritto sulla maniglia del freno d’emergenza sui treni. Il ladrone buono non è spinto dalla paura, ma dal senso della superiore giustizia divina e, soprattutto, dall’esempio di Gesù. Di qui trae in poche ore una fede che molti non riescono a trovare in una vita intera.

Gesù gli fa superare d’un balzo tre terribili ostacoli alla fede. Uno è la superbia, il senso di superiorità umana verso Dio: non c’è bisogno di Dio, ci si fa beffe di lui, si fa “il duro” fino in fondo. I suoi comandamenti sono buoni per i fessi. Per il ladrone buono poteva essere più facile stare dalla parte del suo collega, avere il conforto di sentirsi accettato da lui, e per farsi accettare prendersela anche lui con Gesù. Per il codice morale dei malfattori sarebbe stato il vincitore. Ma lui no, e affronta il duplice rischio di farsi dare del codardo dal suo compagno e di essere respinto, in quanto peccatore, dal maestro giusto.

L’altro ostacolo che il ladrone supera è la tentazione di commiserarsi: “Che ingiustizia! Ho ucciso e rubato, ma mai torturato come ora sono io! E ho rubato solo perché ho avuto la sfortuna di non essere figlio di un ricco. Se c’è un Dio è ingiusto.”

Infine, il ladrone supera la paura: sulla paura della morte e di una meritata punizione dopo di essa prevale la sua estrema conversione. Superbia, autocommiserazione e paura impediscono la fede?

No, lui non cede a quelle tentazioni e raggiunge la fede. E questa fede gli dà la forza per fare, del tutto naturalmente e non certo per speranza di premio e meno ancora per timor di pena, due opere assai lodevoli anche per chi non fosse inchiodato a un legno. Difende un giusto da ingiusti improperi e richiama al timor di Dio un peccatore. L’altro ladrone non risponde. Chissà che negli ultimi istanti, grazie al rimprovero del suo compagno, non abbia raggiunto anche lui dalla fede?

Chi è sicuro di avere la stessa forza? Di essere, sia pure per pochi minuti, capace di obbedire ai due più grandi comandamenti: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” e “Ama il tuo prossimo come te stesso” (Marco 12:30-31, che richiama Deuteronomio 6:5).

Ma Dio non ci ha dato solo questi due comandamenti, ovvero queste indicazioni per poter rispondere, per andare incontro alla Sua grazia. Ce ne ha dati parecchi altri, affinché camminiamo nella Sua via. Trasgredirli non è certo un modo per rispondere alla Sua chiamata, è quello che si chiama peccare. In ebraico e in greco si esprime con lo stesso verbo usato per indicare “mancare il bersaglio”: una cosa che può accadere anche per debolezza, per insufficienti capacità.

La bontà di Dio è però talmente grande che, a chi ha ignorato, anche scientemente, tutti i suoi buoni consigli, è comunque disposto a dispensare la sua immensa grazia, come fa con il nostro ladrone, mediante una sincera conversione alla fede.

Ma è sbaglio gravissimo, trarre da questo l’idea che i Suoi consigli possano essere tranquillamente trasgrediti e che la trasgressione sia da accettare, lodare e magari anche benedire. Mantenendo il paragone con il tiro, vuol dire non avere neanche capito quale è il bersaglio o addirittura, averlo capito ma sbagliarlo apposta. È farsi beffe di Dio, proprio come l’altro ladrone. La Chiesa, al contrario, deve aiutare gli uomini e le donne nel loro cammino, indicando loro la via indicata da Signore, esortandoli a cercarla sempre, nonostante i tanti sbagli.

Va da sé, che per sapere quali sono i consigli di Dio, non ci sono che due vie: aprirGli il proprio cuore e le proprie orecchie e leggere con intelligenza e umiltà la Bibbia.

Leonista

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