“A proposito della 4a meditazione di Paolo Ribet su famiglia, matrimonio e omosessualità” (1° parte)

di Nino Altavilla

Leggo in questi giorni sul settimanale Riforma alcune interessanti meditazioni del Pastore Paolo Ribet riguardanti Famiglia e Matrimonio. Nello specifico, in questa mia riflessione, mi riferisco alla quarta – pubblicata sul n. 40 del citato settimanale.

Nella parte finale della sua meditazione, il Pastore affronta il problema della omosessualità dal punto di vista sia sociale sia biblico, lasciando però intravedere ‘aperture’ nei confronti di chi vive tale condizione, per i quali personalmente non ho alcuna avversione, se non nella loro richiesta, oggi sempre più pressante, di una sorta di riconoscimento scritturale che in qualche modo dovrebbe concretizzarsi in una benedizione della coppia, e infine poter liberamente davanti a Dio santificare la loro unione.

Mi sembra superfluo qui citare alcuni versetti della Scrittura dove l’omosessualità viene condannata inequivocabilmente; è lo stesso Pastore che ne fa menzione (senza però riportare i versetti) nel suo articolo: 1 Corinzi 6:9 : “Non sapete che gl’ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v’illudete; né fornicatori, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti…” – Romani 1:27: “Similmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono infiammati nella loro libidine gli uni per gli altri commettendo uomini con uomini atti infami, ricevendo in loro stessi la meritata ricompensa del proprio traviamento”.

Tuttavia, il Pastore aggiunge un ma, in modo sommesso, sostenendo che, in materia di etica familiare e sessuale, “Sono cambiati i fondamenti culturali, per cui tentare di riprendere i vecchi schemi non è solo inutile, ma addirittura dannoso” e che quindi le Chiese, trovandosi di fronte a tali nuove situazioni, devono impegnarsi a dare risposte compatibili con il messaggio cristiano.

In verità, penso che sia particolarmente difficile riuscire a trovare soluzioni a queste problematiche che siano davvero in sintonia con il messaggio evangelico, e lo sostengo non soltanto sulla base delle due pericopi sopra riportate, ma anche riallacciandomi alle considerazioni espresse dallo stesso Pastore, il quale sostiene anche: “Il dibattito degli ultimi anni ha fatto però emergere alcune evidenze, la prima delle quali è che le realtà condannate dalla Bibbia poco o nulla hanno a che fare con l’omosessualità di cui parliamo oggi. Allora si trattava generalmente di una violenza contro esseri umani che si voleva sottomettere o umiliare.”

È probabile che Ribet si riferisca all’episodio riportato in Genesi 19: “4 Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. 5 Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!». 6 Lot uscì verso di loro sulla porta e, dopo aver chiuso il battente dietro di sé, 7 disse: «No, fratelli miei, non fate del male! 8 Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all’ombra del mio tetto». 9 Ma quelli risposero: «Tirati via! Quest’individuo è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!». E spingendosi violentemente contro quell’uomo, cioè contro Lot, si avvicinarono per sfondare la porta»”. Personalmente, non credo che sia solo ed esclusivamente questa l’omosessualità che la Bibbia condanna. Questa è violenza, prepotenza, voler in effetti sottomettere e umiliare i due ospiti di Lot.

Inoltre, Ribet sostiene che “Oggi autorevoli istituzioni mondiali definiscono l’omosessualità come una condizione «naturale», tenendo presente che anche in natura esistono le sfumature e che non è sempre tutto in bianco e nero”. Esattamente quello che accadeva a Corinto, città estremamente licenziosa, di cultura greca, dove l’omosessualità veniva praticata senza alcun problema, e l’apostolo ne era perfettamente a conoscenza, tanto da avvertire in modo energico la comunità cristiana locale (1 Corinzi 6:9).

E, infatti, mi chiedo: cosa c’entra il cap. 7 della I Lettera ai Corinzi, che il Pastore riporta nella sua meditazione come riferimento biblico con la questione omosessuale?

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