Cosa ha distrutto quel piccolo mondo.

Cara Daniela Valdese,

quest’ultimo tuo articolo mi ha profondamente commosso. Bellissimo e vero quel che dici tu. Vero anche parte di ciò che dice il pastore (che fatica non mettere le virgolette a questa parola!): quel mondo esisteva ancora quando eravamo piccoli. Con tanti problemi, forse con tanti germi dei mali che si sono scatenati negli ultimi decenni, ma c’era ancora. La fede, la Chiesa, la storia, l’identità, un residuo senso di comunità erano veramente il patrimonio comune e unitario di un popolo, di tutti. Ora non c’è davvero più.

La fede nel Dio degli uomini e della storia ha cominciato a vacillare e qualcuno ha pensato di sostituire  Dio con la politica, o perché pensava di rinforzare la fede o perché pensava che ogni mezzo era buono per sostenere le sue idee. E pensare che, contro ogni evidenza, oggi accusano proprio valdesi.eu e S.A.V. di essere espressione politica. Ma quella politica che veramente è entrata nella vita della Chiesa Valdese, nelle Valli in particolare, ha divorato il cristianesimo della fede. Non poteva che essere così: dalla politica, la gran parte delle persone chiede – legittimamente – la tutela dei propri interessi, e gli interessi dei singoli sono spesso in contrasto fra di loro, e comunque sono contrastanti le ricette per produrre quel “bene comune” che troppo spesso è un nome altisonante dato a un’imbellettatura delle proprie personali esigenze. La fede vuol dire invece accettare le “idee” di Dio, mettersi al suo servizio senza ipocrisie, vuol dire imparare a vedere la trave nel proprio occhio meglio della pagliuzza nell’occhio del prossimo, vuol dire confessare i propri peccati come il pubblicano della parabola e non farsi vanto di sé di fronte a quelli degli altri come fa il fariseo. In politica, nella cattiva politica, si tende invece spesso a “confessare” i peccati altrui e blandire gli interlocutori lasciando loro credere di non avere colpe e responsabilità.

La fede e gli insegnamenti contenuti nella Scrittura servono in politica, anzi sono fondamentali per un cristiano, e un po’ di capacità politica non guasta alla chiesa per sopravvivere. Ma confondere i due piani, i due approcci è pericolosissimo. Il rischio è che tutto si sposti sul piano politico, che dà l’illusione di essere più “pratico”, più “attuale”, più “concreto”, più “utile”. Belle parole, che in realtà nascondono un concetto assai meno nobile: la politica è più comoda, perché è spesso vista come strumento per cambiare gli altri, o almeno per obbligarli a fare il comodo nostro. Certo un cristiano non dovrebbe fare politica in questo modo (che sia elettore o eletto), ma se la politica sostituisce la fede, la logica è solo più politica. Sarebbe come mettere una banca al posto della Chiesa. La banca non è un male in sé, ma ha delle logiche del tutto diverse. Sarebbe come mettere il vitello d’oro al posto di Dio.

Gesù invece ci  chiede di cambiare noi stessi, di convertirci. Cosa che non solo piace a Dio, ma – alla fine – è più “pratica”, più “attuale”, più “concreta”, più “utile”: se ci riusciamo allora sì che cambiamo la nostra vita e forse potremo farlo anche per gli altri. Ma è una cosa più scomoda, perché impone di mettersi in discussione. Molto meglio mettere in discussione gli altri, come fa la cattiva politica, che ormai coincide con la cattiva predicazione. Non capita certo solo nella Chiesa Valdese: quanta demagogia si vede anche altrove, con nuove popstar a dire alla gente che Dio perdona tutto a tutti (tranne a quelli che ci sono antipatici, che allora bisogna vedere), omettendo di dire che occorre pentirsi, convertirsi e sperare nella libera Grazia di Dio, non pretenderla!

Demagogia è proprio illudere e imbrogliare la gente, far credere che è tutta colpa di “qualcun altro”, che basterebbe eliminare questo “qualcun altro” e ogni problema sarebbe risolto e ci sarebbe la felicità per tutti, il Regno di Dio in terra. Questo “qualcun altro” può essere la tribù, il popolo o la nazione vicina: una bella guerra e tutto andrà bene! Può essere il “capitalista”: espropriamolo e ci sarà pane per tutti. Possono essere gli Ebrei, gli immigrati, la speculazione, oggi sono “i politici” o addirittura “la politica”: facciamoli fuori e allora sì che ci sarà l’abbondanza, servizi efficienti e lavoro (senza fatica) per tutti! Più difficile spiegare che ciascuno ha le proprie responsabilità e che, fuori dal giardino dell’Eden, è solo il lavoro vero che crea benessere.

Nella povera chiesa valdese di oggi sembra quasi che il “qualcun altro” cui dare la colpa di tutto sia la Bibbia e chi la prende troppo sul serio. È colpa di chi prende sul serio la Bibbia che la gente si allontana dalla Chiesa (anche se le chiese evangeliche che passano per “fondamentaliste” aumentano le adesioni). Per cui bisogna attaccarla in tutti i modi e dire che non è affidabile come testo scientifico, i fatti storici che riporta non sono affidabili, le sue norme morali sono superate e, alla fine, persino ciò che rimane è opinabile. Molto meglio, con una adeguata “interpretazione” (che in realtà è totale stravolgimento), adattare la Scrittura alle proprie personali inclinazioni, ai propri pregiudizi, alle proprie pulsioni. Politica e fede non devono confondersi perché, mentre è legittimo e spesso perfino giusto chiedere allo Stato di adattarsi alle nostre esigenze, con Dio e la Sua Parola bisogna fare il contrario: dobbiamo adattarci al loro insegnamento.

E così quel “piccolo mondo” è stato distrutto. Del resto, se è Dio a doversi adattare alle proprie esigenze, perché uno dovrebbe contribuire a mandare avanti la chiesa? Semmai la chiesa deve dare qualche “servizio”: un tempio sobrio ma solenne per matrimoni e funerali, e magari anche qualche battesimo, assistenza per quando sei vecchio o hai bisogno, un culto per giustificare il tutto ma al quale è bene vadano gli altri, qualche posto di lavoro per figli e nipoti. Se poi si decide di diventare pastore, ci si sente autorizzati a usare la chiesa per diffondere le proprie idee, anziché mettersi al servizio della missione della Chiesa stessa, che sarebbe la proclamazione dell’Evangelo. Ma chi vuole ascoltare un simile pastore? Le chiese diventano così sparutissimi gruppetti dove prevalgono determinati orientamenti politici e ideologici, e in cui qualche valoroso si sforza di continuare a lavorare in nome dell’antica fede sperando che qualcosa di buono ne venga fuori, anche se spesso non condivide.

Che c’entra tutto questo con la chiesa di Arnaud, di Gianavello, di Valdo e dei seguaci di Claudio, e soprattutto con la chiesa di Gesù Cristo?

Ma, come dici tu Daniela Valdese, quello che conta è quel “popolo che non avrà mai fine”, che evidentemente non risiede necessariamente nelle strutture, nelle “gerarchie”, ma “il regno di Dio è dentro di voi“.

Oggi è il sabato di Pasqua e noi sappiamo che quella storia non finisce il sabato, così come il Noé che conta non è quello dileggiato dagli increduli, così come la storia di Giuseppe, figlio di Israele, non finisce nel carcere, e la storia dei Valdesi non finisce mentre i pochi superstiti all’orrendo massacro del 1686 stanno morendo di stenti e di malattie nelle fortezze piemontesi.

“La tua casa e il tuo regno saranno resi saldi per sempre davanti a me, e il tuo trono sarà reso stabile per sempre” (II Samuele 7:16)

“Sopra questa roccia io edificherò la mia chiesa e le porte dell’inferno non la potranno vincere” (Matteo 16:18)   

Lucio

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