Chiesa e politica. Quale politica?

Il giornale d’opinione L’intraprendente pubblica oggi un articolo molto simile a questo:

Da qualche decennio la Chiesa Valdese ha voluto dare un carattere ultrapolitico alla propria predicazione. I problemi sociali ed economici del pianeta sono affrontati a getto continuo e discussi in profondità (si fa per dire) in documenti sinodali, interviste, libri, confronti, dibattiti e discorsi. La soluzione proposta è sempre la stessa: più potere ai governi e agli Stati e meno agli individui. Il nemico è ormai stato individuato in questa economia “che uccide” e la soluzione starebbe nell’uccidere l’economia, almeno nella sua forma attuale, per sostituirla con un po’ di agricoltura di sussistenza e chissà cos’altro. Se Karl Marx è sempre accusato di esser stato ben parco di indicazioni sulla società futura, sul comunismo, vi è da dire che l’anticapitalismo post-marxista, “alla valdese” è ancor più vago sulle alternative. La rivolta contro l’esistente e la ragione, che si

Un recentissimo articolo di Riforma

spinge fino all’adozione delle tesi ambientaliste più radicali e banali è costante, ma le alternative non esistono proprio.

Di questa economia che uccide i valdesi abitano bene al centro, nell’Europa occidentale che ha dato vita agli Stati Uniti d’America, lo storico centro del cieco dominio del capitale. Seppur dominata ormai da molto tempo da una élite culturale e politica che in cuor suo nutre sentimenti e pensieri in sintonia con quelli dell’attuale élite valdese, l’Europa occidentale è ancora in gran parte refrattaria a riconoscere che ciò che la ha resa la società di maggior successo della storia sia in realtà un’aggressione ai poveri del pianeta, alle risorse altrui, alla giustizia planetaria e via discorrendo.

Dai sermoni domenicali agli eventi pubblici il messaggio non è particolarmente diverso, in quanto – a parte la crociata pro-gay – l’élite valdese conosce un’unica litania: quella dei mali del capitalismo. Per loro, la politica sarebbe l’espressione del nostro irresistibile bisogno di vivere come una sola persona, nel tentativo di costruire uno dei più alti beni comuni: quello di una comunità che sacrifica gli interessi particolari per condividere, nella giustizia e nella pace, i suoi beni, i suoi interessi e la sua vita sociale.

In sostanza essi auspicano la costruzione di una comunità politica al di sopra degli individui e alla quale sia dato il pieno potere di decidere sull’allocazione ottimale delle risorse. Il fatto che sia stata poco applicata in Europa occidentale e ancor meno negli Usa è il principale motivo che rende queste aree le più ricche del mondo. Soprattutto in America, infatti, concezioni dello stato e della comunità come queste sono assai rare e patrimonio di piccole frange estremiste. In fondo, lo stato sarà pur necessario, ma rimane un problema, poiché la libertà è per molti americani una condizione inversamente proporzionale alla dimensione dell’attività governativa. Meno governo, maggiore libertà. America latina e altre parti del mondo sono in varia misura maggiormente in sintonia con il queste concezioni e questo spiega anche la loro distanza dall’America in termini di successo economico. Va infatti detto con grande chiarezza: la dottrina economica e sociale di questa chiesa valdese è stata provata in ogni sua forma e produce solo vari gradi di povertà e indigenza.

Vi è poi la questione dei profughi, ossia i migranti, i quali, si sa, secondo la dottrina dell’élite valdese   dovrebbero essere lasciati liberamente entrare in ogni Paese. E qui emergono molte domande alle quali non si può proprio rispondere. Come mai tutti sognano di andare in America e nell’Europa occidentale, se il loro sistema economico è demoniaco e disumano? E perché mai gli americani e gli europei dovrebbero accogliere i nostri fratelli poveri trascinandoli in un mondo di danaro, sfruttamento e peccato? Se il capitalismo è così terribile nei confronti dei poveri, perché i diseredati del mondo intero sognano solo di andare nella patria del capitalismo?

Per questa élite, la ricetta di condotta è chiara come la linea che separa i buoni dai cattivi: occorre aiutare fattivamente i governi a redistribuire le ricchezze. Chi distribuisce la ricchezza è fra i buoni e chi la produce fra i cattivi. Chiunque lavori con impegno, impieghi altre persone, produca ricchezza si deve oggi sentire molto lontano da una Chiesa che, almeno al proprio vertice, perdona tutti i peccatori tranne i produttori di ricchezza.

Se il loro patrimonio è oggetto della costante aggressione dei governi, l’attacco alla loro dignità è ben più grave. Un “chi son io per giudicare?” non è mai stato pronunciato nei confronti di tutti quei milioni individui che in ogni luogo si alzano e si dedicano tutto il giorno con abnegazione ad atti di “capitalismo” fra adulti consenzienti. Ma è proprio alla loro creatività e al sistema che la proteggeva (il capitalismo) che dobbiamo tutto: dall’allungamento della vita, alla diminuzione costante della povertà e dell’indigenza, ai vaccini, ai raccolti abbondanti e in grado di sfamare sempre più persone a costi sempre più bassi. Non esistono diversi modelli di sviluppo. Ne esiste uno solo: proprietà privata dei mezzi di produzione della ricchezza, libero scambio, governo limitato. Più ci si discosta da questo e più ci si impoverisce.

Un giudice e giornalista americano Andrew Napoletano, un cattolico devoto, ha detto che il papa “è un falso profeta che sta conducendo il suo gregge in un luogo pericoloso nel quale vi è più pianificazione centrale e meno libertà individuale”. Possiamo dire cose molto diverse sull’élite valdese?

In realtà, l’articolo originale non parla della Chiesa Valdese, ma di Papa Francesco. Abbiamo fatto le opportune sostituzioni per vedere se funziona lo stesso, e si direbbe che funziona davvero. Ecco perché questo improvviso papismo che coinvolge molta della “élite” valdese.

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