“Sono riuscito a leggere il testo approvato dal Sinodo grazie a un sito gay, poiché al nostro sito dissidente è stato con tracotanza negato l’accesso alla seduta, mentre su quello della Chiesa Valdese ci sono solo titoli generici e in grande ritardo.
Nonostante gli appelli pacati e accorati alla prudenza, nonostante fino a poco tempo fa era ancora accreditata l’opinione che si sarebbe rinviata la decisione all’anno prossimo, si è imposta l’ala che fa delpolitically correct la propria Sacra Scrittura”.
Un’accelerazione fortemente voluta dalla Moderatora che, due giorni prima dell’apertura del Sinodo, aveva rilasciato un’intervista in cui – lei che è solo “organo amministrativo”, come dice il sito della Chiesa Valdese – prefigurava la decisione finale e anche i suoi tempi. Già solo questo sarebbe stato ragione sufficiente a decidere diversamente.Mentre il nostro annuncio a pagamento sul settimanale della Chiesa veniva invece affiancato da un pezzo affossatorio del direttore, molto vicino alla Moderatora, che sosteneva che persino le premesse dell’Appello erano insussistenti.
Siamo così giunti a una situazione paradossale: diamo il via libera alle benedizioni delle coppie gay, ma sulla famiglia resta in vigore un documento del 1971 totalmente rigoroso sulla visione di essa come formata da uomo e donna e fondata, ordinariamente, sulla procreazione. Ma è chiaro che le coppie gay vengono ammesse alla benedizione in quanto forma di famiglia – a meno che non si intenda introdurre la benedizione di qualsiasi cosa, dagli amici del bar alla squadra bocciofila. Una decisione perciò fortemente discutibile nel contenuto, ma certamente demenziale nella struttura dell’atto. E pensare che quest’anno il Sinodo è presieduto da un magistrato!