PAOLO CASTELLINA RISPONDE A RONCHI E A RIFORMA: SI RITENGONO PADRONI E INCONTRASTABILI DELLA NOSTRA CHIESA

(MA SI  SENTONO MINACCIATI DALLA “MINORANZA” CHE OSA INTERLOQUIRE)

I loro pretesi eredi del XXI secolo, però, “illuminati” dai risultati della moderna “scienza” esegetica e dai teologi razionalisti del XIX e XX secolo, non sono più della stessa opinione. Per loro, infatti, gli antichi valdesi non sarebbero che dei poveretti, degli ignoranti, che “ingenuamente” credevano che la Bibbia fosse Parola di Dio e che contenesse “eterne verità”, quelle espresse dalla loro confessione di fede. Che bamboccioni: “quei nostri padri resistenti non disponevano certo di strumenti bibliografici raffinati ” come i nostri… Non si rendevano conto che il loro documento, la loro confessione di fede, fosse “contingente” alla loro situazione soltanto e “senza alcuna pretesa di canonicità”, peggio, pensavano di “possedere oggettivamente la verità”! Che orrore! Che presuntuosi! Non si rendevano conto che la Bibbia fosse solo “parole d’uomini”, che non potessero così “oggettivarla” e “manipolarla”, che l’amore non potesse “essere codificato in formule fisse” e che la Bibbia “non ci dice affatto chi amare e chi no, che cosa dire e fare e che cosa non dire e non fare ” ! Per carità: non è così: oggi l’amore “è determinato dalle circostanze”! Quegli antichi valdesi, scrivendo in quel mondo, inoltre, non erano veramente “riformati” come siamo noi oggi… Noi sì che siamo riformati! Noi sì che abbiamo capito tutto! In fondo, quei valdesi, come chi vorrebbe oggi seguirne le orme, non erano diversi dai cattolici che non si avvedevano che, di fatto, stavano perseguitando dei loro confratelli… Chi oggi pretende di seguire “quei valdesi” sarebbe solo anacronistico. Noi siamo seguaci di Darwin, non di Valdo, noi sì che ci siamo evoluti!

E sì, pare che abbiano mobilitato i più raffinati intellettuali “di regime” per sconfessare e vanificare (questo immaginano) il nostro dissenso, e persino per negare la nostra identità riformata e assimilarci ai cattolici (questo molti ce lo ripetono ad nauseam).  Il fatto che abbiano ritenuto necessario scomodare gli intellettuali per analizzare (naturalmente “in modo scientifico”) il nostro appello, però, solo dimostra la fondatezza delle nostre contese e che la nostra chiesa è in mano a filistei della peggiore specie che si ritengono padroni e gestori incontrastabili della nostra chiesa (e che per altro si sentono minacciati dalla “minoranza” che osa interloquire….). In realtà, l’articolo del Ronchi è solo un modo più raffinato per darci degli “ottusi fondamentalisti”, accusa ormai tanto inflazionata quanto ridicola. Strano: chi non la pensa come loro è subito tacciato di essere “fondamentalista” e, naturalmente, ad arte accostato alle manifestazioni più deteriori delle sétte.

Che rispondere al Ronchi? Rispondergli utilizzando i suoi stessi parametri culturali ha poco senso, perché le sue argomentazioni poggiano su precisi presupposti filosofici assunti a criterio assoluto ed “incontestabili”, quelli dell’ideologia erede del razionalismo tedesco del XIX e del XX secolo, la “alta critica” che noi non condividiamo e contestiamo. Di fatto, quei presupposti stanno ineluttabilmente portando le chiese che insistono ad abbracciarli, alla completa dissoluzione nel mondo della loro identità e all’apostasia, a quell’indistinto ed “ecumenico” umanesimo religioso che non ha più nulla di cristiano se non solo un vago appello ad un “Cristo” privo di contenuto, anzi, riempito solo degli slogan dell’ideologia corrente, quella che loro sta a cuore. Non quindi il Cristo della Bibbia, ancora meno quello della Riforma e senz’altro non quello degli antichi valdesi di cui essi, senza alcuna vergogna, vogliono portare avanti il nome. Questi intellettuali, vere e proprie venefiche serpi, hanno condizionato ed avvelenato almeno due generazioni di pastori e predicatori rendendoli servi non dell’Evangelo (quello proclamato dal Nuovo Testamento) ma dell’ideologia dominante e non hanno esitato a distruggere o a cacciare quelli che non si volevano piegare a diventarlo. Molto probabilmente considereranno queste valutazioni delle “farneticazioni”, ma le loro vittime (chiese e singoli credenti) sono fra di noi e possono testimoniare.

In ogni caso, checché ne dica Barth, Tillich, Gogarten e chi più ne ha più ne metta, conveniamo con i cristiani di ogni tempo e paese che la Bibbia è Parola di Dio: regola ultima della nostra fede e della nostra condotta. Crediamo alla fede ” che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre ” (Giuda 3) secondo quanto l’Apostolo Paolo afferma: ” Per questa ragione anche noi ringraziamo sempre Dio: perché quando riceveste da noi la parola della predicazione di Dio, voi l’accettaste non come parola di uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale opera efficacemente in voi che credete ” (1 Tessalonicesi 2:13). A che vale, però, moltiplicare, come vorremmo, le citazioni bibliche? Questi “intellettuali” troverebbero sempre modo di “aggirare l’ostacolo” e di “spiegarle” vanificandone l’autorità. Possiamo solo riaffermare “ostinatamente” che l’autorità normativa della Sacra Scrittura è l’autorità di Dio stesso attestata da Gesù Cristo, Signore della Chiesa e respingere in quanto illegittima ogni separazione tra l’autorità di Cristo e quella della Scrittura, o una contrapposizione fra l’una o l’altra. Affermiamo che come Cristo è Dio e uomo nel medesimo tempo in una sola Persona, così la Scrittura è, in modo indivisibile, Parola di Dio in linguaggio umano, ma respingiamo l’idea secondo la quale il carattere umilmente umano della Scrittura la renderebbe soggetta ad errore, così come l’umanità di Gesù fin nella Sua umiliazione non implica alcun peccato. Riaffermiamo il principio (contenuto nelle confessioni di fede della Riforma) che solo la Scrittura possa spiegare la Scrittura, contenendo essa stessa i suoi stessi criteri interpretativi.

Per quanto riguarda, poi, i credo della chiesa antica e le confessioni di fede della Riforma, per noi essi portano in sé il tesoro della sapienza accumulata dei cristiani lungo i secoli, esprimono la continuità con gli insegnamenti storia della chiesa. Il deposito della fede, il “modello delle sane parole” (2 Timoteo 1:13) è riflesso nei credi della chiesa antica e nelle confessioni di fede della Riforma. La Riforma è stata un tentativo sistematico di ritornare alla visione del Nuovo Testamento e della patristica antica. Per i Riformatori, il passato possedeva la capacità di illuminare ed interpretare il presente.

No, per noi le confessioni di fede non stanno alla pari con la Bibbia. Non dovrebbero temere che noi lo affermiamo: la dottrina della Riforma sul “Sola Scrittura” insiste, infatti, sul fatto che le Sacre Scritture siano la sola, infallibile ed ultima autorità e respingono con forza l’idea che credi e confessioni siano d’autorità uguale a quella delle Scritture. La Scrittura è la norma che singolarmente definisce la dottrina. Le confessioni di fede riformate concordano con la Scrittura, ma non ne sono esposizione completa. Sono espressioni, per quanto fedeli e coerenti, della verità biblica. Di conseguenza, le confessioni di fede non si pongono né accanto, né al di sopra della Scrittura, ma al di sotto d’essa. L’autorità delle confessioni è limitata e derivata dall’autorità della Scrittura, che sola rimane autorità ultima  permanente. Nel far eco a ciò che il Signore dice nella Scrittura, la chiesa può certamente errare. Le confessioni, però, possono essere corrette solo dalla Scrittura e così eventualmente riformulate. La Scrittura non è soggetta a cambiamento, le confessioni sono sempre suscettibili di riesame e di revisione. Le confessioni di fede non sono ispirate dallo Spirito Santo, ma sono il prodotto di elaborazione umana, limitate dalla finitezza e peccaminosità umana. Solo la Scrittura è arbitro finale di appello. I credi non devono mai essere considerati “norma normans” (una regola che regola), ma una “norma normata” (una regola regolata).   Storicamente la Riforma ha sempre riconosciuto questo principio. La prima Confessione di Basilea (1534) dichiara: “Infine desideriamo sottoporre questa nostra confessione al giudizio delle divine bibliche Scritture. E nel caso in cui le stesse Sacre Scritture dovessero attestarci una migliore confessione, noi abbiamo qui espresso la nostra pronta disponibilità a voler ubbidire in qualsiasi momento a Dio e alla Sua santa Parola con grande rendimento di grazie” (Prima confessione di Basilea, 1534, XII). La Formula luterana di Concordia (1577) afferma: “Noi crediamo, insegniamo e confessiamo che la sola regola o norma secondo cui devono essere valutati e giudicati tutti i dogmi e tutti i dottori è quella degli scritti profetici ed apostolici dell’Antico e del Nuovo Testamento” (Formula di concordia, epitome, 1577, 1). La confessione di fede di Westminster, pure contiene un’affermazione dettagliata sulla Parola di Dio. Talvolta sono operati cambiamenti nelle confessioni, quando alcune questioni vengono chiarificate nella costante lotta per la sana dottrina, ma per meglio spiegare, non per negare sulla base di presupposti alieni alle Scritture.

Le chiese riformate sono sempre certo da considerarsi chiese che si riformano. Esse ascoltano attentamente ogni obiezione che viene sollevata sulla base della Parola di Dio. Esse rifiutano di abbassarsi o al livello di società di dibattiti culturali o organizzazioni filosofie. Le chiese riformate hanno sempre richiesto ubbidienza alle confessioni perché ciò che è stato rivelato nella Parola di Dio è presente nelle confessioni. Chiunque non riconosca più l’autorità delle confessioni può solo farlo se può dimostrarlo con sane ragioni bibliche. Le verità fondamentali nelle confessioni non possono mai essere alterate. Una chiesa non può giungere a negare la Trinità, l’incarnazione, la redenzione operata da Cristo, la Sua risurrezione o ascensione. Vi possono essere, però, differenze per quanto riguarda l’escatologia. Bisogna avere una grande cura prima di operare di cambiamenti. La confessione non sono i regolamenti di un club che possano essere riveduti a seconda dei capricci o delle opinioni dei suoi membri. Non possiamo semplicemente revocare la testimonianza del passato, ma onoriamo la fede delle passate generazioni non presumendo di saperla più lunga noi di loro. Sarebbe questo lo spirito del Cattolicesimo e non della Riforma? Non dimentichiamoci, però, che noi siamo “cattolici riformati” e non rinneghiamo completamente la storia e la tradizione della chiesa universale. La seconda Confessione di Fede Elvetica, nella sua prefazione afferma che …noi siamo i veri cattolici! Dovremmo vergognarcene? No, se non fossimo “cattolici riformati” saremo solo simili alle sétte i cui leader affermano di avere riscoperto l’autentico cristianesimo dopo secoli di “oscurantismo” ed “apostasia”. Non è forse vero che la teologia modernista afferma di comprendere “finalmente” come leggere la Bibbia e che, praticamente, 20 secoli di cristianesimo siano in errore? In questo il modernismo non è migliore delle pretese delle sétte.

Che vale, però, dire loro tutto questo? Troveranno sempre modo di contestarlo. Ci piace però terminare con le parole della 1 Corinzi secondo la versione TILC: “Che cosa hanno ora da dire i sapienti, gli studiosi, gli esperti in dibattiti culturali? Dio ha ridotto a pazzia la sapienza di questo mondo. Gli uomini, con tutto il loro sapere, non sono stati capaci di conoscere Dio e la sua sapienza. Perciò Dio ha deciso di salvare quelli che credono, mediante questo annunzio di salvezza che sembra una pazzia. Gli Ebrei infatti vorrebbero miracoli, e i non Ebrei si fidano solo della ragione. Noi invece annunziamo Cristo crocifisso, e per gli Ebrei questo messaggio è offensivo, mentre per gli altri è assurdo. Ma per quelli che Dio ha chiamati, siano essi Ebrei o no, Cristo è potenza e sapienza di Dio. Perché la pazzia di Dio è più sapiente della sapienza degli uomini, e la debolezza di Dio è più forte della forza degli uomini. Guardate tra voi, fratelli. Chi sono quelli che Dio ha chiamati? Vi sono forse tra voi, dal punto di vista umano, molti sapienti o molti potenti o molti personaggi importanti? No! Dio ha scelto quelli che gli uomini considerano ignoranti, per coprire di vergogna i sapienti; ha scelto quelli che gli uomini considerano deboli, per distruggere quelli che si credono forti. Dio ha scelto quelli che, nel mondo, non hanno importanza e sono disprezzati o considerati come se non esistessero, per distruggere quelli che pensano di valere qualcosa. Così, nessuno potrà vantarsi davanti a Dio ” (1 Corinzi 1:20-30).

Paolo Castellina


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