Quei “tentativi di obbedire alla volontà di Dio” celebrando ciò che Egli vieta

La frase sul “collasso delle chiese protestanti liberali nell’epoca moderna” contenuta in una lettera di alcuni cardinali al Papa era stata oggetto di un nostro breve articolo di commento lo scorso 14 ottobre, non particolarmente favorevole a coloro che guidano tali chiese, a cominciare da quella valdese, intitolato con le parole di Deuteronomio 28:37 “diventerai oggetto di stupore, di proverbio e di scherno”.

Ovviamente senza citare il nostro articolo, ma “per pura coincidenza”, il sito Riforma il giorno dopo ha pubblicato un interessante articolo del professore della facoltà valdese di teologia Fulvio Ferrario sull’identico argomento. Consigliamo agli interessati di leggere l’intero articolo, ma vorremmo soffermarci su due passaggi molto significativi, visto che il professore, che è anche pastore, afferma che quelle critiche – provenienti non solo dal mondo cattolico (ovviamente non cita noi anche se abbiamo sicuramente più lettori di Riforma nonostante i mezzi incomparabilmente inferiori) – sono “un’occasione per approfondire la riflessione sui passi compiuti, soprattutto negli ultimi decenni”.

Il primo punto interessante è quando si rifiuta la definizione di “adattamenti pastorali” per le novità introdotte da tanti protestanti “liberali”, affermando che si tratta invece di “tentativi di obbedire alla volontà di Dio in contesti nuovi”: parole da pesare ad una ad una.

“Tentativi”: è onesto definire così le innovazioni dottrinarie o etiche introdotte, tanto più che poco dopo ammette: “Non è detto, naturalmente, che tutti i tentativi operati in tal senso siano stati fedeli all’evangelo: essi sono sempre rivedibili, alla luce del confronto”. Chiediamo però: perché fare questi “tentativi”, specialmente se si sa che possono anche non essere fedeli all’evangelo? La chiesa deve fare esperimenti o essere fedele all’evangelo? Saremmo piuttosto propensi alla seconda ipotesi, lasciando eventualmente a qualche singolo studioso la “sperimentazione”. Con i farmaci si fa così: prima si sperimentano in laboratorio e poi si danno ai pazienti. Con l’Evangelo, a quanto pare, si può fare il contrario: prima ne distribuiscono uno, lo somministrano ai pazienti/membri di chiesa, anche se forse è velenoso, poi semmai dicono che era un “tentativo” e pretendono anche la lode, o meglio si lodano da sé, per il loro “coraggio”.

Obbedire alla volontà di Dio: inconsueto ormai il verbo “obbedire”. E infatti qui è usato praticamente rovesciandone il significato: obbedienza vuol dire fare ciò che è comandato. Costoro invece fanno il contrario di ciò che è comandato e lo chiamano pure “obbedire”!

In contesti nuovi: non si vede dove sia la novità. Il peccato e la disobbedienza a Dio, secondo la Bibbia, sono iniziati poche ore dopo la creazione di Adamo ed Eva, i contemporanei di Noè si distinsero particolarmente nel peccato, e chi venne dopo non restò molto indietro su questo cattivo sentiero, eppure molto tempo dopo Dio diede a Mosè la legge che proibiva cose ampiamente praticate all’epoca persino dal popolo d’Israele, per non parlare dei pagani. Ma il peccato, la diffusa violazione dei comandamenti divini per costoro è un “contesto nuovo”. Dunque oggi si possono tranquillamente trasgredire i comandamenti? Ragionamento davvero bizzarro!

(prima parte)

1 commento

  1. Se vogliamo, il contesto in cui ubbidire alla volontà di Dio è sempre nuovo. Il problema non è tanto il “contesto nuovo” in cui obbedire alla volontà di Dio, ma è il modo in cui si pretende di ubbidire a Dio a fare la differenza. Se io voglio obbedire al Signore devo fare ciò che LUI vuole, non ciò che IO voglio!

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