Partire senza sapere dove andare? – Culto di domenica 12 marzo 2017

Il dramma di intere popolazioni che devono fuggire dal loro paese a causa di situazioni per loro insostenibili deve poter trovare una soluzione. Altra cosa è però la vicenda di Abramo che parte dal suo paese con la sua famiglia anche se avrebbe potuto benissimo rimanervi e prosperare. Egli non sapeva dove Dio l’avrebbe portato ma accoglie la Sua vocazione come una sfida che avrebbe aperto per lui e per noi prospettive impensabili. La esamineremo nella riflessione di quest’oggi,  tratta da Genesi 12:1-4.

12 marzo 2017 – Seconda Domenica di Quaresima

Confessione di fede: Catechismo minore di Westminster.

D/R 15 Quale è stato il peccato per il quale i nostri progenitori decaddero dallo stato in cui originalmente erano stati creati?

Testi biblici: Genesi 12:1-4a; Romani 4:1-5, 13-17; Giovanni 3:1-17; Salmi 121

Salmo da cantare: Salmo 121 [Io gli occhi ai monti levo ancor (Ginevrino); Lo sguardo mio rivolgo (Arpa)].

Preghiera: O Dio,la cui gloria è sempre quello di avere misericordia: Sii misericordioso verso tutti coloro che si sono allontanati dalle tue vie, e riportali con cuore penitente e fede costante ad abbracciare e a tenersi stretti alla verità immutabile della Tua Parola, Gesù Cristo, Tuo Figlio, che con Te e con lo Spirito Santo vive e regna, un solo Dio, nei secoli dei secoli. Amen.

Predicazione: Partire senza sapere dove andare (Genesi 12:1-4).

Versione video: https://youtu.be/qUefSVbQVYo

Collegamenti:

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Paolo Castellina

1 commento

  1. Ho vissuto nella Legione Straniera. Dirò innanzitutto perché mi arruolai nella Légion étrangère français

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    Ho vissuto nella Legione Straniera.
    Dirò innanzitutto perché mi arruolai nella Légion étrangère français , la Legione straniera francese,
    affinché non si creda mi sia arruolato
    perché fossi un criminale. Premetto che, anche se
    vero che una buona parte dei legionari ha dei conti in sospeso con la giustizia,
    è altrettanto vero che l’altra parte non
    è affatto costituita da delinquenti. Molti sono i motivi per i quali ci si arruola nella
    Légion étrangère, ad esempio per puro spirito avventuristico, o incoscienza, o per dispiaceri, o perchè creduloni nella propaganda che la Legione si incarica di svolgere in molti ambienti. Quest’ultimo fu appunto il mio caso. Ero prigioniero di guerra in Algeria, prima in campo di concentramento, poi in una grande azienda agricola e qui molto sovente passava qualche propagandista della Legione che con belle parole ci prometteva mari e monti. Fu
    cosi che io, come molti altri prigionieri di guerra italiani, mi lasciai convincere e mi arruolai. Fu purtroppo un’esperienza che non consigli a nessuno, anzi dirò di
    più: durante la guerra sono stato volontario in reparti italiani d’assalto, ed ho al mio attivo i fronti italo-francese, l’albano-greco-jugoslavo, ed i vari fronti dell’Africa settentrionale; quindi per esperienza diretta affermo categoricamente, che, posto nella alternativa tra rivivere tutti quegli anni al fronte di guerra come soldato italiano, o il vivere altrettanto tempo pacificamente come legionario, ebbene, opterei senza esitazioni per la prima alternativa. Fatta questa premessa, vorrei spendere alcune parole sulla storia della Legione, che è certamente gloriosa, malgrado tutto. La Légion étrangère francese fu creata da Luigi Filippo, re di Francia nel 1831, onde servirsene per la completa conquista dell’Algeria. ( quest’Algeria che per molto tempo ha anelato a diventare, con pieno diritto direi io , un popolo libero e indipendente) Allora erano soltanto pochi battaglioni, composti per lo più da disertori di diversi eserciti europei. Circa un anno dopo, egli vendette al re di Spagna Ferdinando 7° che se ne servì per combattere contro Don Carlos, fu così che nacque la legione straniera spagnola chiamata “Las banderas”: essa è composta solo di pochi battaglioni e risiede abitualmente nel Marocco spagnolo. Più tardi però Luigi Filippo , memore dei grandi servigi resigli dalla legione, ne creò un ‘altra che è quella tuttora in vita. Essa ha scritto in passato, come di recente, pagine gloriose di storia gloriosa. La sua sede è a Sidi Bel Abbès, in Algeria, i suoi 8 reggimenti sono però sparsi un pò ovunque nel vasto impero coloniale francese, impero che si può affermarlo senza tema di smentite, è stato in buona parte, conquistato per la Francia proprio dalla Legione straniera stessa ! Essa ha combattuto in tutto il mondo, e per citare solo qualche nome, dirò che nel 1859 combatté, a fianco dei piemontesi, contro gli austriaci a Magenta e Solferino; dal 1863 al 1868 fu nel Messico, ove scrisse una delle più belle pagine della sua stroria; la Festa del Corpo (il 30 aprile) ricorda appunto una di quelle battaglie. I suoi reggimenti furono distrutti molte volte, citerò per tutti il reggimento di stanza ad Hanoi nel Tonchino (Indocina) che fu annientato durante l’ultimo conflitto mondiale e dei suoi quattromila uomini, solt
    anto una cinquantina ebbero salva la vita. Finita la guerra venne ricostituito e inviato nuovamente in Indocina e qui nuovamente distrutto nella battaglia di Dien-Bien- Phu. Le decorazioni francesi e straniere meritatte dalla legione e dai legionari si contano a centinaia, la sua bandiera è tra le più decorate del mondo. Ciò premesso cercherò quindi di dire in sintesi chi sono coloro che si rifugiano nella legione e quale può essere il trattamento che essa loro riserva. La legione è certamente il corpo militare più disciplinato del mondo; d’altra parte è comprensibile questa sua ferrea disciplina se si considera la sua composizione: nella legione si rifugia gente d’ogni ceto, classe e colore, vi sono stati nobili e principi russi, principi tedeschi, come il principe Federico Augusto cugino di Guglielmo II, che morì di tifo nella legione stessa come semplice legionario, vi furono ex gerarchi nazisti e fascisti, io stesso conobbi uno di questi ultimi che fu ministro durante il fascismo, come vi furono e vi saranno sempre in maggior parte, uomini dal passato oscuro, delinquenti d’ogni categoria e nazione. Hanno militato nei suoi ranghi anche ecclesiastici di un certo grado, infatti la legione può annoverare tra i suoi ex affiliati niente meno che un vescovo ortodosso di Costantinopoli. Chi si arruola nella legione straniera non è tenuto a dire il motivo che lo ha spinto a questo passo decisivo nella propria vita; alla legione poi poco importa che uno sia tedesco invece che italiano, o dica di chiamarsi Tizio invece che Caio; una volta nella legione per il legionario non c’è più patria alcuna, o meglio la sola sua patria è la legione! Il nome non ha nessuna importanza perchè a ogni legionario viene affibbiato un numero di matricola, e questo lo accompagnerà come un prigioniero di guerra o un carcerato qualsiasi per tutto il tempo in cui egli sarà un legionario e sarà il solo “nome” che conterà per la legione. Io non avevo nulla da nascondere, perciò ero arruolato con il mio vero nome e la mia vera nazionalità, ma per la legione tutto ciò non conta, si è solo legionari e basta. Il mio numero di matricola era 14728, sul libretto personale (che ancora conservo gelosamente) tutti i dati concernenti la mia situazione sono scritti in nero, mentre invece quello che concerne la nazionalità è scritto in rosso: nationalité
    déclarée italienne. La legione è composta in maggior parte da tedeschi: essi occupano, si può dire, tutti i posti chiave. Tra i tanti tedeschi ricordo un certo Volmer, uomo serio, coltissimo, che era alla legione da una ventina d’anni, e per oltre dieci anni era stato istruttore ai corsi annuali sott’uffuciali e conosceva quasi a memoria l’intero manuale del sott’ufficiale (circa un migliaio di pagine). L’ho avuto per 18 mesi quale comandante di sezione, non l’ho mai inteso scambiare una parola con qualcuno se non per ordini di servizio, e non ho mai visto il suo volto accennare ad un sia pur minimo sorriso. Ora, a diversi anni di distanza, a volte ancora mi domando quale mistero si celasse dietro a quel volto impassibile. Molti ufficiali venuti nella gavetta, come si dice in argot (o “gergo”, in questo caso militare) sono pertanto tedeschi: qui mi pare estremamente importante dire che non si può essere ufficiale se non si è francese e francese basta esserlo di adozione. La sola unica distrazione, o divertimento che dir si voglia, che può avere il legionario è l’alcool, è il bere fiumi di alcool; questo anche per il fatto che raramente i reparti della legione si trovano in centri abitati di una certa importanza: a causa di ciò fra gli anziani legionari (per anziani si intendono uomini con 15-20 anni di servizio) si conta una grossa percentuale di alcolizzati cronici; dirò a tal proposito che è tale il grado di alcolizzazione di questi uomini che quando lo spaccio della compagnia rimane senza vino e liquori essi si scolano (nel vero senso della parola) anche le bottiglie di profumo e acqua di colonia ! Un’altra piaga della legione è quella sessuale, dovuta appunto ai lunghi periodi di permanenza lontano dai centri abitati. Quando un aspirante legionario arriva al Forte Saint Nicolas in Marsiglia, il solo distaccamento della legione ufficialmente esistente nel territorio metropolitano francese dove vengono arruolati i legionari, per la zona europea, egli è inviato a Sidi Bel Abbès in Algeria, sede centrale della legione, ed è solo qui che porranno l’ultima firma e le impronte digitali e diventeranno legionari a tutti gli effetti. Qui egli viene sottoposto a visite mediche minuziose, radiografie, prova dell’udito, della vista,ecc… inoltre ogni segno particolare è scrupolosamente rilevato, come la presenza di cicatrici sulla pelle o di tatuaggi sul corpo. Se per ipotesi l’aspirante legionario, dopo aver sostenute le rituali visite di cui sopra, facesse un esame di coscienza e non volesse più firmare il suo ingaggio, eh! allora apriti cielo, verrebbe messo immediatamente in cella di rigore e Dio solo sa quanto durerebbe la sua detenzione! Ricordo un sardo che si era arruolato insieme a me e poi s’era pentito prima di firmare (per firma leggi: impronte digitali): ebbene, dopo 4 mesi era ancora in cella di rigore ! E poiché siamo in tema di prigione, anche se solo di tipo disciplinare, credo valga la pena di soffermarsi un momentino. Per essere punito di prigione basta una qualsiasi mancanza insignificante, ad esempio una tasca sbottonata o le scarpe non perfettamente lucide; é da notare che la punizione da sette giorni diventa sempre di novanta giorni perché viene automaticamente aumentata dal comandante dell’unità superiore cui si appartiene e cioé da comandante di battaglione, da comandante il corpo d’armata. Vediamo brevemente come vengono trattati i puniti: all’ora della refezione vengono schierati tutti sull’attenti con la faccia al muro, un piantone, dietro ad ognuno, ed a contatto dei talloni, posa una gavetta con un pò di brodaglia, quindi il sott’ufficiale comandante le prigioni (un tedesco) ordina il dietro front che va eseguito di scatto e regolarmente, così, eseguendo il comando si urta con i talloni la gavetta e il rancio va a farsi benedire ! Oppure i puniti vengono schierati su un rango sull’attenti, la gavetta davanti ad ognuno di essi; il comandante dice: attention pour bouffer, quindi scandisce tre colpi di fischietto, al primo si prende la gavetta, al secondo si mangia, al terzo si posa la gaveta a terra il tutto in meno di due minuti. Durante la siesta, dalle 12 alle 14, mentre per tutti i legionari è obbligatorio tassativamente il riposo, per i puniti in cella di rigore invece, zaino a spalle (lo zaino viene riempito con ben 40 chili di pietre, i puniti tutti a torso nudo, le bretelle dello zaino sono in filo di ferro) eseguiscono, comandati e sorveglaiti a vista, due ore di corsa, durante la quale vengono eseguiti i più svariati esercizi, dal passo dell’oca ( si marcia stando appollaiati sui calcagni) alla marcia sui gomiti, ecc.. tutto questo di scatto, a comando e stando di corsa; ad o
    gni errore di esecuzione sono scudisciate ! Di notte di tanto in tanto i puniti vengono annaffiati con un secchio d’acqua fredda gettata loro addosso dentro la cella da apposite feritoie, le celle sono piccolissime ed è pressochè impossibile distendersi, senza contare che a volte sono in 4 o 5 uomini ad occuparle ! Non ho la pretesa di aver detto nulla di segreto : sono cose che chiunque sia stato nella legione straniera conosce, anzi mi rincresce persino ricordare certe cose viste, vissute a finanche patite. Che dire ? ARRUOLATEVI NELLA LEGIONE STRANIERA ! La legione straniera non può offrire che pene e indicibili sofferenze , e poi il suo pane è tanto amaro che a distanza di molti anni ancora non riesco a dimenticarne lo sgradevole sapore.

    Giovanni Odin

    matricola 14728

    Légion étrangère Français
    Sidi Bel Abbès, , Algérie

    nationalité

    déclarée italienne

    Da un reduce dell’ultimo conflitto mondiale abbiamo ricevuto e letto queste rievocazioni; della durissima vita ch’egli ha
    sofferto , quando, spinto dalle circostanze offerte dal momento, s’è trovato in Algeria, a far parte della famosa Legione straniera. Per molte ragioni, tali rievocazioni storiche sono non soltanto molto interessanti, ma estremamente istruttive ed utili per quella gioventù avventurosa che sentisse per caso un qualche desiderio d’arruolarvisi. Mi sia permesso dire che vi fu nella Legione un onorato cittadino torinese, una persona assai stimata (io ne ebbi la confidenza da una sua anziana sorella che non è più) non sono però autorizzato a svelare il motivo del suo arruolamento,
    né il suo nome, posso dire solamente che è stato un ufficiale italiano, credo nel servizio segreto, durante l’ultimo conflitto mondiale. Egli trascorse 15 anni nella Legione straniera, morì a causa di gravi malattie, contratte in Africa; il giorno in cui si accingeva a tornarsene a casa ormai vecchio, stanco, finito, aveva dato la sua nobile vita, come tanti altri, per una bandiera che non era la sua. . La sua rievocazione dei ricordi vissuti nella Legione straniera, arruolamento per la durata della guerra, arruolamento questo di favore, se si considera che la ferma normale
    è di 5 anni. Da prima Giovanni Odin fu destinato insieme a me nella tredicesima mezza brigata, che era sbarcata in Italia assieme all’ottava armata inglese, ma visto che molti legionari italiani appena in Italia disertavano, ci spedirono quasi tutti in Marocco al
    3° reggimento di stanza a Fez. Qui fummo destinati all’otava compagnia montata, distaccata a Khenifra. Queste compagnie sono una specie di cavalleria, dotate di muli da sella in luogo dei cavalli,
    perché il mulo
    è molto più resistente alle fatiche delle grandi marce che possono durare anche dei mesi . Con queste marce a volte si giungeva fino al Congo o al Ciad, sempre alla ricerca di eventuali ribelli.
    A Khenifra conobbi, insieme a Giovanni, un legionario i cui genitori erano genovesi. Egli era nato in Algeria e non aveva mai visto l’Italia, ma era tale l’attaccamento che aveva per il Paese dei suoi genitori, che quando giunse all’età di vent’anni, piuttosto che essere arruolato nell’esercito regolare francese, trovandosi nell’impossibilità di venire in Italia, si arruolò nella Legione. Io lo conobbi quando aveva già 15 anni di servizio, mentre Giovanni lo conobbe in seguito, e era trattenuto per via della guerra: fummo congedati, lo stesso giorno; il poveretto aveva patito, sofferto, per 17 anni, ogni sorta di angherie piuttosto che rinnegare il Paese che egli considerav+a la sua sola Patria. La tenuta di marcia di queste compagnie comprende anche il cappotto di panno pesante, anche con temperature, che a volte in certi luoghi salgono oltre i 50 gradi. A volte (non sempre) durante la lunga marcia viene dato l’ordine di alzare i due angoli anteriori del cappotto, in modo da poter camminare più liberamente; questo è possibile, perché il cappotto francese è provvisto sui due fianchi, all’altezza della cintura, di un bottone e i due angoli inferiori del davanti sono provvisti entrambi di un’asola. Vorrei ritornare con qualche episodio sul trattamento riservato ai legionari che Giovanni non ha posto in evidenza. Un giorno il capo magazziniere s’era accorto della sparizione improvvisa di alcune lenzuola, allora si pensò bene e senza tentennamenti di mettere al fresco tre legionari sospettati del furto: l’aiuto magazziniere (un napoletano disertore dell’esercito italiano), un tunisino (che conosceva bene tutte le galere di Francia, di Tunisia, e d’Algeria e poi, non so come, s’era arruolato nell’esercito italiano di stanza in Tunisia) e, infine, un calabrese (ex brigadiere dei carabinieri): questi ultimi due erano sospettati
    perché erano in compagnia del primo. Mi fa orrore pensare alle torture che furono loro inflitte per costringerli a confessare il furto delle lenzuola; gli interrogatori a base di ogni sorta di supplizi, avvenivano sempre di notte: di giorno, perché si riposassero, erano costretti a svolgere sempre lavori pesanti; si aggiunga poi quello che ha detto precedentemente Giovanni riguardo ai puniti. Questo durò circa un mese intero, dopo di che furono tradotti alle carceri militari di Port-Lyautey, (uno lo dovettero trasportare con l’autolettiga ! ); qui subirono il processo. Risultato? Soltanto l’aiuto magazziniere (un napoletano disertore dell’esercito italiano) era il ladro delle lenzuola !: naturalmente non furono mai risarciti i danni e le invalidità subite dagli altri due disgraziati. Io stesso, una volta essendo di servizio come caporale di settimana, ricevetti tre scudisciate solo per non aver fatto correre un punito ! La cosa andò avanti così : mi erano stati affidati in custodia alcuni puniti che avevo portato alla cucina per fare dei lavori, quando il tenente-vice comandante la compagnia, mi ordina di portare il punito- Magi – in ufficio (la cicatrice che porto ancora sul labbro superiore è un ricordo lasciatomi da questo legionario, una volta che mi ero intromesso per sedare una rissa sorta tra lui e un’altro legionario). Ora costui non voleva saperne di correre (i puniti devono sempre compiere di corsa ogni loro spostamento ,come ricordava bene Giovanni); naturalmente io cercai, con le buone maniere, di convincerlo a correre, ma ahimè ! tutto fiato sprecato !: purtroppo il tenente, in attesa sulla porta dell’ufficio, ci stava osserva
    ndo molto attentamente; giunti a sei passi di distanza, secondo il regolamento, mi presentai con le parole prescritte Caporal Pittavino dix huit mois de service, À vos ordres , mon lieutenant ! , l’ufficiale introdusse il punito in ufficio e per risposta mi affibia tre scudisciate; quindi mi ordina di fare 5 giri di corsa attorno al cortile della caserma dicendomi:
    così impari come si fa a far correre i puniti ! In cuor mio maledissi per l’ennesima volta la Legione. E su questo punto sono sulla stessa linea di Giovanni e sicuramente di molti altri. A Colomb- Bechar, in pieno Sahara algerino, esiste anche la compagnia di disciplina, ma non ne ho avuto contatti diretti; posso dire soltanto che
    è preferibile essere condannati (magari innocentemente) ai lavori forzati, piuttosto che capitare là dentro in veste di punito.C’è un fatto che credo mio dovere far presente: è credenza di tutti che una volta indossata la divisa del legionario, per chi abbia dei misfatti sulla coscienza, sia impossibile essere arrestato; ebbene niente di più errato ! Specialmente ora con l’istituzione dell’Interpol, infatti, quando la polizia di un Paese chiede l’estradizione di un delinquente, una volta ccertati e documentati l’identità del legionario e il reato commesso, l’estradizione è quasi sempre accordata . Ho detto quasi non a caso perché (fatta la legge trovato l’inganno), se alla Legione facesse comodo tenersi il ricercato, nessuna legge o polizia di questo mondo riuscirebbe a toglierlo. Quando poi uno venisse arrestato e condannato al proprio Paese, una volta scontata la pena, non potrebbe mai recarsi nei territori di competenza della Legione, perché per lui è sempre valido l’arruolamento precedentemente firmato; egli avrebb
    e l’obbligo di ripresentarsi alla Legione per terminare il suo servizio; in caso contrario sarebbe arrestato e tradottovi con la forza. La cosa è diversa per chi scontasse la condanna nei territori francesi, in quanto verrebbe restituito direttamente alla Legione, non appena scontata la pena . All’ospedale militare di Khenifra , dove ero ricoverato con la malaria (altro ricordo della Legione) v’era appunto un legionario francese. I francesi possono arruolarsi alla Legione , però non come tali; essi si scelgono una nazionalità, salvo poi a chiedere la rattificazione dello stato civile, dopo qualche anno di servizio, ottenuto il quale, essi continueranno a prestare servizio effettivo nella Legione, non più a titolo straniero
    bensì a titolo francese. Generalmente chi fa questo, lo fa al solo scopo di essere favorito nella popria carriera militare e una volta raggiunto un certo grado , chiede il trasferimento all’esercito regolare. Costui doveva dunque scontare una condanna di sette anni per furto, si attendeva soltanto la sua guarigione per consegnarlo alla polizia, scontata la pena sarebbe stato riconsegnato alla Legione
    perché terminasse il reingaggio di 5 anni; così
    per una sciocchezza, invece di due, o tre anni di carcere, ne avrebbe scontati sette, gliene inflissero sette perché era contumace, più dieci di Legione, o d’interno !…Io gli auguro, se è ancora vivo, di essere ora un libero cittadino, e che abbia figli a cui insegnare che la roba degli altri va rispettata. Nella Legione difficilmente vengono rispettate le aspirazioni (legittime) dei legionari. Credo di spiegarmi meglio con qualche esempio. Se vengono richiesti degli uomini per frequentare qualche corso, non sono tenute in nessun conto le maggiori attitudini personali per una qualifica piuttosto che per un l’altra. Io fui inviato d’ufficio per un corso di rocciatore sulle montagne dell’Atlante (Ne conseguii peraltro il mio bravo diploma). Fu poi spedito a Port-Lyautey, per un corso di minatori, qui, a tutto mio vantaggio, successe che da allievo, in capo a due giorni, ero passato istruttore, questo perché (la Legione lo ignorava !) , nell’esercito italiano era già una delle mie specializzazioni. Degno di rilievo mi pare il fatto che gli allievi affidatimi non erano dei legionari, ma bensì dei militari francesi del genio. Anche per il corso caporali ero stato scelto d’ufficio, esso durò la bellezza di 4 mesi, fu questa un ‘altra dura esperienza che varrebbe la pena d’essere narrata ma non posso coprire tutto lo spazio che ci è stato gentilmente concesso (per cui sentitamente ringraziamo) a me ed a Giovanni Odin, ma non essendo di carattere generale dirò, solo a titolo di curiosità, che durante il corso ci era stata lasciata la sola divisa spahi, la divisa della cavalleria algerina, (di divise ne avevamo 4 in dotazione): con questa divisa addosso , durante la giornata si facevano diverse lezioni, al mattino teoria, il pomeriggio che era più caldo, lezioni pratiche e tattiche di combattimento, sempre di corsa, in piedi, a terra, in un fosso, dietro un masso,e così via, la maschera antigas (la mia ossessione !) sempre sul viso, ogni tanto l’istruttore ispezionava la maschera antigas per assicurarsi che non fossero state tolte le valvole di sicurezza, se ne avesse trovata una mancante, sarebbe successo il finimondo! Ora col sudore, la sabbia e il fango , si può ben immaginare in quale stato fosse divisa quando la sera si rientrava per il rancio: ebbene, il mattino seguente, alle cinque e mezza, ci sidoveva presentare puntuali all’adunata con la divisa pulita e ben stirata; da notare tra l’altro che la sera si doveva anche studiare, perciò niente libera uscita, dopo il silenzio della sera non il
    più piccolo rumore doveva essere udito nelle stanze e nessuna luce accesa ! Quanto sto per dire valeva ovviamente per tutti i legionari; al mattino, tra la sveglia e l’adunata c’erano 30 minuti, durante i quali si doveva aggiustare il letto, se in caserma , secondo gli ordini prestabiliti, quindi radersi, prendere il caffè, governare muli e cavalli e metterci in perfetta tenuta. Molte sono le definizioni date ai legionari: fra le altre, in molti luoghi, essi sono chiamati semplicemente come dei mercenari, ma se mercenario è colui che compie un atto, o seve una bandiera, magari illegalmente, per ottenere in cambio del denaro, ebbene questo non si addice certamente al legionario, in quanto la sua paga, almeno quando c’ero io, è molto inferiore alla paga del soldato regolare francese; infatti io percepivo durante il primo anno di servizio, 15 franchi al giorno, il secondo anno di servizio 20 franchi (gli scatti erano annuali, fino al tredicesimo anno di servizio, poi basta, e si arrivava a percepire sui 100 franchi al giorno) . Invece il militare regolare francese, nel territorio metropolitano e non in colonia dove invece io mi trovavo insieme a Giovanni, il secondo anno pecepiva 40 franchi, ne fanno fede i fogli di paga (che ancora conservo gelosamente, custoditi nella cassattiera del mio scrittoio pieno di carte e documenti vari avendo percepito io stesso questa paga i pochi giorni che fui a Parigi a l’École Militaire de la Place Joffre du 7 ° arrondissement de Paris in attesa di essere congedato e finalmente rimpatriato) .C’è, poi il premio d’ingaggio che nel mio caso fu di 1000 franchi, ed era di 3000 franchi per la ferma normale di 5 anni. Sulla Legione si potrebbe dire e scrivere molto di più, ma ripeto, non possiamo riempire lo spazio gentilmente concessoci per esporre il tutto. Giovanni ed io ci siamo limitati a raccontare solo alcuni fatterelli, a prima vista insignificanti, qualche fatterello accadutoci fra il 1944 ed il 1945 e sono purtroppo questi fatterelli, a prima vista insignificanti, e rendere al legionario la vita impossibile ! Una esistenza irta di spine, sempre sospesa fra la vita e la morte, mai un’ora di meditazione, un minuto di riposo; solo l’alcool la nostra unica distrazione dove poter affogare tutta la nostra tristezza, bottiglie di vino e di liquori sparsi per terra nelle nostre stanze (e in mancanza di essi, bottiglie di profumo e acqua di colonia !) mai un minuto di riposo,s empre in guerra, sempre in trincea, sedata una ribellione ecco che ne sboccia un’altra ! (Ove v’è la questione algerina) Dice uno slogan della Legione straniera: “Tutti i militari sanno vincere, il legionario sa soprattutto morire”, e purtroppo ciò corrisponde alla verità, infatti quante madri nel mondo hanno pianto e piangono ancora per i loro figli scomparsi? Sono migliaia, e molte di esse forse non sapranno mai, che essi giacciono là , sperduti in qualche parte del mondo, senza che nemmeno una croce indichi al viandante, che lì giace un eroe senza nome e senza patria che diede la sua vita combattendo, senza ideali, senza che nulla gli fosse dato e tutto chiesto per consolidare un impero di conquista di questo mondo, è destinato a sgretolarsi, perchè i popoli che si sono assoggettati hanno, come ogni popolo di questa terra, il diritto di autogovernarsi liberamente.

    Da un reduce dell’ultimo conflitto mondiale abbiamo ricevuto e letto queste rievocazioni; della durissima vita ch’egli ha sofferto , quando, spinto dalle circostanze offerte dal momento, s’è trovato in Algeria, a far parte della famosa Legione straniera. Per molte ragioni, tali rievocazioni storiche sono non soltanto molto interessanti, ma estremamente istruttive ed utili per quella gioventù avventurosa che sentisse per caso un qualche desiderio d’arruolarvisi.
    Mi sia permesso dire che vi fu nella Legione un onorato cittadino torinese, una persona assai stimata (io ne ebbi la confidenza da una sua anziana sorella che non è più) non sono però autorizzato a svelare il motivo del suo arruolamento,
    né il suo nome, posso dire solamente che è stato un ufficiale italiano, credo nel servizio segreto, durante l’ultimo conflitto mondiale. Egli trascorse 15 anni nella Legione straniera, morì a causa di gravi malattie, contratte in Africa; il giorno in cui si accingeva a tornarsene a casa ormai vecchio, stanco, finito, aveva dato la sua nobile vita, come tanti altri, per una bandiera che non era la sua.

    Giovanni Odin

    matricola 14728

    Légion étrangère Français
    Sidi Bel Abbès, , Algérie

    nationalité

    déclarée italienne

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