La benedizione delle coppie omosessuali – Intervista al pastore Remo Cristallo, presidente della FCP

La FCP è la Federazione delle Chiese Pentecostali, che raccoglie oltre 45mila fedeli.

Come giudica la decisione del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste di aprire alla benedizione delle coppieomosessuali?

Si tratta di una decisione che era nell’aria da alcuni anni. È un provvedimento che mette in campo una serie di riflessioni e provoca una brusca accelerazione di un dibattito aperto già da qualche anno e che coinvolge tutte le chiese evangeliche. È evidente che la Chiesa Valdese ha inteso uscire da una zona ufficiosa dando luce a una posizione che in questi ultimi anni è andata consolidando nel dibattito interno sull’omosessualità. Sotto questo profilo non si può che rispettare tale chiarezza trattandosi di una decisione presa dal massimo organo di una chiesa in piena autonomia e libertà. È noto che nell’area delle chiese storiche si dibatte su questo tema da molto tempo e solo motivi di opportunità avevano sconsigliato di arrivare precedentemente a una decisione definitiva in materia. Sotto il profilo normativo non è decisione vincolante; infatti, l’ordine del giorno si limita a lasciare libera la chiesa locale che ha raggiunto una sua matura e piena convinzione al riguardo di agire in libertà di coscienza e quindi accordare la benedizione alla coppia omosessuale che dovesse richiederla. Ma è chiaro che si tratta solo di un primo passo; il traguardo finale è il pieno riconoscimento dei matrimoni omosessuali. Si continuerà a discutere sulla questione, ci saranno anche voci di protesta e di dissenso: come è tipico della Chiesa Valdese; ma il punto d’arrivo è fissato e non cambierà. Qualche anno fa nell’assemblea/sinodo congiunta di valdesi, metodisti e battisti si tentò di arrivare a questo risultato tutti insieme nell’area BMV, ma la forte opposizione della base soprattutto delle chiese battiste non lo consentì. Credo che da quel momento i valdesi abbiano deciso di andare avanti da soli costi quel che costi. Mi auguro che le proteste abbastanza vive interne alla chiesa valdese circa l’oscuramento di posizioni contro tendenza di chi la pensa in un altro modo vengano accolte e si garantisca a tutti di esprimersi liberamente senza manipolare la comunicazione.


Ma una decisione che va rispettata può essere anche condivisa?

No; sono due sfere completamente diverse. Ogni decisione presa in pura coscienza e con libertà va rispettata sempre quando essa non provoca danni ad altre persone; ma la condivisione non può essere riferita solo a questa dimensione. La condivisione attiene la visione della vita e i valori su cui essa poggia; per i cristiani evangelici tutto ciò ha un unico punto di riferimento: la rivelazione divina così come le Scritture la propongono. Perciò, di fronte a decisioni di questo tipo la comprensione che si ha della rivelazione di Dio e il valore che si attribuisce alle Scritture nel definirla diventano decisive e dirimenti. Poiché è chiaro che la decisione del Sinodo presuppone un valore relativo di quanto la Scrittura propone sull’omosessualità non può essere condivisa da chi invece attribuisce a quella proposta un valore assoluto. Ecco perché la decisione va rispettata, ma non può essere condivisa. Tuttavia, bisogna anche tener presente che il Sinodo è un eccellente organo di democrazia rappresentativa dove i deputati votano secondo la loro coscienza e senza vincolo di mandato; chissà quale sarebbe il risultato se la questione fosse decisa da un referendum tra i membri di chiesa chiamati a esprimersi uno per uno e nel segreto di un’urna.

Lei è presidente della Federazione delle Chiese Pentecostali che da diversi anni è impegnata in un dialogo con queste chiese; questa decisione è destinata a incidere sui dialoghi?

Sia sul piano personale che su quello istituzionale non ho mai mancato di far presente in tutte le sedi e le occasioni e con pubbliche dichiarazioni che il mondo pentecostale rappresentato dalla Federazione su questo tema ha una convinzione opposta a quella della Chiesa Valdese; recentemente c’è stata anche una presa di posizione del Consiglio Nazionale sull’argomento. Al momento non sono in grado di dire se e come questa decisione possa incidere sul dialogo in atto; è cosa che si vedrà. È tuttavia immaginabile che quando si giunge a posizioni come quella assunta dal Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, si riflette anche sulle possibili ricadute che tali prese di posizione possono avere nel rapporto con le altre chiese. Quando il dialogo è cominciato, nel 1998, era già abbastanza noto quello che la chiesa valdese pensava in materia attraverso i suoi esponenti; eppure il dialogo è cominciato. Se ora debba essere sospeso o concluso si vedrà. La Federazione fin dalla sua nascita ha voluto aprire una stagione di dialoghi con il resto del mondo evangelico; oltre che con i valdesi si è aperto un dialogo con i battisti e con gli avventisti. Le cose prodotte sono state egregie e sorprendenti; c’è stata una scoperta di fraternità e di accoglienza reciproca mai vista prima. Da parte nostra tutto ciò è stato condotto con convinzione, sia pure con tutti i distinguo con i quali si muove necessariamente una Federazione. In diverse occasioni, però, abbiamo notato che se su questi temi le chiese che intrattenevano dialoghi con noi a volte si esprimevano con maggiore prudenza, venivano subito redarguite dalle componenti interne più radicali che le accusavano di rallentare il riconoscimento agli omosessuali per colpa dei dialoghi con noi. Evidentemente c’è in queste chiese una componente che da tempo ha deciso anche che tipo di valore e di significato dare ai dialoghi in corso e di giudicarli in base alla convergenza o meno che su certe posizioni si poteva avere oppure no. E probabilmente c’è chi confida nell’approfondimento del solco delle differenze su questi temi per evitare che le chiese guardino troppo nella nostra direzione; forse ci sono altri interessi di politica ecclesiastica che però ci sfuggono e tutto sommato non ci riguardano.

Si può dire una parola sul piano biblico e teologico relativamente a questa decisione?

Non posso che ripetere ciò che ho detto già in altre occasioni e che il Consiglio Nazionale della Federazione ha recentemente ribadito. Noi riteniamo che il dato biblico sull’argomento è insuperabile; vale a dire che alla luce di quanto emerge dalle Scritture l’omosessualità non può essere ritenuta una condizione lecita. La nostra comprensione della Bibbia e l’esperienza delle nostre chiese ci inducono a credere che l’omosessualità è una condizione suscettibile di cambiamento e pertanto noi crediamo che per la grazia di Dio e attraverso l’incoraggiamento della comunità di fede un individuo possa vivere in armonia con i principi della Parola di Dio. Siamo assolutamente convinti della necessità che non si debba operare alcuna forma di discriminazione nei confronti degli omosessuali; nello stesso tempo, però, preoccupa il clima di intimidazione psicologico e in qualche caso anche giuridico (vedi alcuni paesi europei iper laicisti) che si tende a instaurare nel minacciare (e in qualche caso adottare) misure restrittive per chi in nome della propria fede considera inaccettabile l’omosessualità. Se è vero che ciò che è ritenuto peccato non necessariamente è reato, è altresì vero che non si può far diventare reato un’opinione sul peccato. L’affermazione del diritto a vivere quella che alcuni ritengono la propria condizione naturale e relazionale non deve cancellare il diritto di parola di chi ritiene il contrario e lo vuole dire pubblicamente. Solo se si terrà conto dei diritti di tutti la discussione potrà essere più serena.

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