Il Sinodo Valdese al Papa: non possiamo perdonare al posto dei morti. Chissà se quei morti perdonerebbero la chiesa valdese di oggi?

Il Sinodo ha approvato una risposta alla richiesta di perdono formulata nel giugno scorso da Papa Francesco per gli atti inumani compiuti nei confronti dei valdesi. Nella risposta, apprendiamo dal quotidiano Repubblica (poiché le comunicazioni ufficiali sono sempre

più scarse), si dice che nella richiesta del Papa “cogliamo… la chiara volontà di iniziare con la nostra Chiesa una storia nuova, diversa da quella che sta alle nostre spalle in vista di quella “diversità riconciliata” che ci consenta una testimonianza comune al nostro comune Signore Gesù Cristo”, ma questa nuova situazione “non ci autorizza però a sostituirci a quanti hanno pagato con il sangue o con altri patimenti la loro testimonianza alla fede evangelica e perdonare al posto loro”.

Ci sono due cose da apprezzare in questa risposta: una è che si menziona Gesù come il “nostro Signore”, cosa non avvenuta nella predicazione del culto di apertura. L’altra è che il Sinodo non se l’è sentita di parlare a nome di coloro che hanno tutto rischiato e spesso perduto per la fede. La ragione speriamo sia che i suoi componenti non si sono sentiti degni di parlare al posto di quelle persone, la cui posizione verso la Parola di Dio era del tutto diversa, quanto meno dalla grande maggioranza di loro. Se così fosse, sarebbe un piccolo elemento di speranza. Più probabilmente, purtroppo, la risposta è dettata dall’intento di sfuggire alla richiesta: il pontefice non poteva che rivolgersi ai vivi che si ritengono, e giuridicamente sono, i successori di coloro che hanno sofferto nelle persecuzioni ed è ovvio che i morti non possono parlare. Infatti la risposta ha l’aria di un compromesso tra il rifiuto del perdono, che sarebbe apparso poco cristiano e, quel che è peggio agli occhi di troppi, incompatibile con il buonismo politicamente corretto  di oggi, e un perdono che potrebbe dispiacere a qualcuno, sia tra i valdesi della vieille roche(la “vecchia roccia” come si usava dire un tempo in riferimento a Isaia 51:1 “riguardate alla roccia onde siete stati tagliati”, che ancora campeggia nell’aula sinodale, da quattro anni

Atrocità sui bambini valdesi durante le persecuzioni

diventata inaccessibile al pubblico e ai membri di chiesa) ancora profondamente legati al ricordo dei martiri, sia soprattutto tra coloro che sono ostili al Vaticano più per le sue posizioni sui temi etici che per questioni teologiche, oramai di poco peso da quando nei fatti si è dimenticato il “sola Scriptura”, il primo dei punti del dissenso protestante. Oggi La Stampa, infatti titola sul rifiuto del perdono, ma subito il pastore Peter Ciaccio replica su Twitter: “Giornalisti, abituati a chiedere a vittime se perdonano, che non capiscono che il ha accolto la richiesta di perdono del papa”. I giornalisti sono certo a volte approssimativi, ma se si fossero usate le parole del pastore Ciaccio non avrebbero potuto equivocare. Viene in mente “il vostro parlare sia: Sì, sì, no, no” con quel che segue (Matteo 5:37).

Ma la vera domanda non è se i perseguitati per la fede perdonerebbero alla chiesa di Roma gli atti compiuti contro di loro. Siamo portati a pensare di sì, visto che apertamente e attivamente perdonarono i duchi di Savoia, il braccio armato di cui i papi si servivano.

La domanda è: quei martiri, che hanno affrontato la atrocità più feroci – non solo quelle perpetrate su di loro, ma quelle certo più difficili da sopportare compiute sui loro figli e figlie, anche neonati – per non venire meno alla loro fede perdonerebbero la chiesa valdese di oggi per la quale la confessione di fede è un ingombro imbarazzante, per la quale quando la Scrittura è contraria alle ideologie, alle mode, alle pulsioni di oggi, va cambiata la Scrittura e non gli uomini e le donne di oggi?

6 commenti

  1. In effetti è vero: gli attuali valdesi non possono sostituirsi agli antichi nel perdonare perché… gli attuali valdesi non ne sono in alcun modo continuatori di quella fede. Di fatto, i valdesi di oggi (quelli che seguono la linea prevalente) dovrebbero prima ravvedersi di non seguire più la fede dei loro antenati, ma di averla sovvertita cercando di compiacere il mondo, piuttosto che di esso esserne l’istanza critica.

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