Il Documento sulle famiglie (Sinodo Valdese 2015) 2 – Un approccio a senso unico

Prosegue il nostro esame del Documento sulle famiglie approvato dal Sinodo Valdese del 2015, completando la rassegna dei componenti della commissione che l’ha redatto. Qui si trovano le altre puntate.

Segue il magistrato Marco Bouchard, quello che, presidente del Sinodo 2010, impose all’ex moderatore di non menzionare il nostro appello per la fedeltà alla Confessione di Fede. Completano l’importante commissione Mirella Manocchio e l’antropologa Paola Schellenbaum, che già ha argomentato l’equiparazione delle coppie omosessuali al matrimonio per la bella ragione che tale è la direzione indicata dagli organismi politici internazionali! Siamo così ritornati allo Stato che domina la Chiesa e alla religione di Stato, poiché secondo l’antropologa la Chiesa deve agire sulla base di ciò che decide lo Stato. Una posizione che le autorità della Cina apprezzerebbero di sicuro. Insomma, una commissione del tutto squilibrata. Non si capisce perché in essa non poteva esserci, non dico uno di noi, ribelli deplorati dal Sinodo, ma perché non un Paolo Ricca o un Domenico Maselli che su queste cose si sono espressi in modo non allineato? Perché non uno dei pastori delle chiese “etniche”, che – tra tante censure e attacchi – hanno comunque assunto posizioni contrarie al dilagare omosessualista? Quando fa comodo si cerca sempre di mettere una persona con la pelle dal colore diverso: qui invece tutti “ariani”?

La società civile

Il documento, nel terzo capoverso della premessa, ci rassicura sul fatto che la commissione “si è messa in dialogo con la società civile”. L’espressione “società civile” è generalmente uno dei tanti imbrogli del “politicamente corretto”. Di solito è usata per far pesare, ad esempio nei dibattiti politici, l’opinione di persone che non avrebbero direttamente titolo per parlare, così che se nell’ambito dei politici eletti non c’è una maggioranza sufficiente che la pensa come i sacerdoti del politicamente corretto o comunque se si vuole rafforzare ulteriormente una delle parti, si ricorre a “esponenti della società civile”, ovviamente ben selezionati sulla base di ciò che pensano e possibilmente finanziati in qualche modo dallo Stato. In questo caso si è consultata la psicologa Chiara Saraceno, certamente persona qualificata nel suo campo, ma non ci capisce quale competenza teologica o ecclesiologica abbia. Di certo, psicologi altrettanto qualificati non sarebbero stati ritenuti “società civile”, se non favorevoli al matrimonio gay, adozioni e tutto il resto. Fa sorridere che la commissione di cui fa parte Mirella Manocchio abbia sentito il bisogno di consultare la “Commissione BMV per il Culto e la Liturgia”, coordinata da chi? Da Mirella Manocchio! Sempre – parrebbe – a titolo di “società civile” è stata anche coinvolta la “Commissione fede e omosessualità” coordinata dalla pastora Letizia Tomassone. Insomma, tutti gli estremisti dell’omosessualismo hanno scritto un documento e il Sinodo ha ratificato.

Nuovo sorriso quando il Documento nota che la collaborazione con queste “espressioni della società civile” è stata “basata sul confronto costruttivo”. Certo che è costruttivo: hanno consultato solo chi è in partenza d’accordo con loro!

Apprendiamo poi che la commissione “è stata ridenominata <<famiglie, matrimonio, coppie, genitorialità>> (in breve <<Commissione famiglie>>)”. Un nome che è tutto un programma e sarebbe interessante sapere chi l’ha rinominata, visto che il testo usa un ambiguo verbo passivo. Sì, perché già la commissione è formata da chi la pensa in un certo modo, ma se addirittura si dà un nome che ne prefigura le conclusioni, scompare persino l’apparenza di un approccio equilibrato. Il plurale “famiglie” significa che qualunque cosa è famiglia, dunque si cancella quanto scritto nel precedente atto, il Documento sul matrimonio, approvato dal Sinodo del 1971 con ben altre modalità, ad esempio mettendo al centro la Bibbia, ora praticamente accantonata. La parola “coppie” significa che si includono anche coppie non sposate e “genitorialità” dice che si accetta totalmente la disgiunzione tra procreazione e essere genitori per dare alle coppie omosessuali il diritto di privare un bambino di uno dei genitori per farne “il loro figlio”, un vero e proprio sacrificio umano sull’altare del dio “Gender”.

(seconda parte – continua)

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