EPISODI DI STORIA VALDESE NARRATI DA W.S.GILLY (7)

“Fra i Valdesi la pura felicità terrena”

Gilly, molto preciso e talora meticoloso nelle sue narrazioni, lascia anche molto spazio al sentimento. Gli viene detto che durante l’estate i culti vengono spesso tenuti all’aperto, in anfiteatri naturali al riparo dal sole. Scrive: “Una comunità raccolta in un luogo tale deve dar vita ai più sublimi sentimenti che l’uomo sia in grado di provare… Se la pura felicità può trovarsi sulla terra, deve essere tra questa gente, i cui desideri sono limitati dalla loro possibilità di ottenerli e che non conoscono altri piaceri che quelli che possono esistere tra queste montagne… La voce della religione può essere appena sentita nei luoghi affollati, ma è forte sulle montagne, dove è visibile e testimoniata la grandezza del Creatore. Fortunatamente per i Valdesi, essi hanno questo sentimento nella maggiore purezza, e possiamo trovare una ragione sufficiente per la loro frugale felicità nella sincerità della loro religione. Tutti i pastori concordano nello stabilire lo stesso credo, le stesse speranze, gli stessi doveri. La loro fede è scevra dal fanatismo e le loro opinioni religiose sono mantenute senza divergenze o divisioni.

“Mandateci dei libri”

Nonostante le gravi ristrettezze economiche – dice Gilly – ciò che chiedevano i Valdesi ai loro visitatori era una sola: libri. Catechismi di Ostervald, Salmi con la musica e altri libri per l’istruzione religiosa. Il pastore di Torre Pellice, in particolare chiede piccoli trattati per motivare gli allievi della Scuola Domenicale.

I figli di un capitano inglese vivevano nella casa del pastore Bert, a Bobbio Pellice

Gilly incontrò non soltanto il moderatore Peyran, ma anche il pastore Amedeo Bert, che poco dopo gli succederà. Con sua grande sorpresa, con il pastore Bert c’erano due piccoli inglesi, di 12 e 9 anni, figli del Capitano Humphreys, di Stockport. Il Capitano ne aveva affidato l’educazione al dotto pastore da ben 3 o 4 anni, al punto che il più giovane dei due a stento ricordava la propria lingua madre.

L’ultimo tentativo di sterminare i Valdesi (1794)

Ottocento fanatici cattolici si erano proposti di sterminare i Valdesi della Val Pellice. Per questo, avevano diffuso la falsa notizia che il forte di Mirabuc, che difendeva il confine della valle con la Francia, era stato preso dai Francesi per il tradimento dei Valdesi. In realtà non c’era nessun valdese tra i difensori del forte costretti alla resa e tutti i valdesi abili alle armi avevano validamente difeso i confini piemontesi in altri settori del fronte.

I fanatici pensavano di approfittare della lontananza degli uomini per sterminare le loro famiglie, a poco più di un secolo di distanza dal precedente tentativo di sterminio totale. All’ultimo momento, furono informati della scellerata impresa due cattolici, che i congiurati pensavano di poter coinvolgere per via del loro noto rigore religioso cattolico: il capitano della milizia di stanza a Cavour, Odetti, e il curato di Luserna Don Brienza. Costoro erano però veri cristiani, ebbero orrore di quanto si voleva fare e avvertirono loro amici valdesi.

La notizia arrivò ai soldati valdesi al fronte, che faticarono diverse ore per convincere il loro comandante a lasciarli venire in soccorso ai loro cari. Quando il permesso fu concesso, nel pomeriggio di quello stesso 24 maggio per il quale era previsto l’attacco, si lanciarono disperatamente dalle montagne verso Torre Pellice, dove il massacro doveva iniziare all’imbrunire, al segnale della campana del convento. Divorarono i quindici-venti chilometri con il cuore in gola, ma mentre erano prossimi a Torre Pellice, scoppiò un furioso temporale la cui violenza rallentò la corsa che si arrestò del tutto davanti a un torrente il cui attraversamento era reso impossibile dall’improvvisa corrente. Mentre si ingegnavano a tentare ugualmente il passaggio, udirono la campana del convento dare il segnale previsto. Temevano ormai di dover vendicare il massacro anziché prevenirlo, ma quando, un paio d’ore dopo, arrivarono a Torre, appresero che il temporale, che era sembrato fatale, era stato invece provvidenziale: mentre aveva solo rallentato i soccorritori, aveva bloccato una parte importante degli assassini. Quelli che erano già pronti all’azione attesero che arrivassero altri complici per agire, ma prima dei rinforzi arrivarono gli uomini valdesi.

Il Gilly fu colpito dal fatto che i valdesi si accontentarono della salvezza dei loro cari e non torsero un capello a nessuno dei fanatici. E sottolineò il fatto che il comandante del reparto dei valdesi, il generale Godin, svizzero, fu rimosso dal comando per aver permesso ai suoi uomini di allontanarsi, sia pure per poche ore, dalla linea del fronte.

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