Sinodo Valdese: Sulla famiglia, la Costituzione (travisata) sostituisce la Scrittura, che viene usata in modi impropri

Così spiega in conferenza stampa la pastora Mirella Manocchio della commissione che ha varie denominazioni, ma in pratica si occupa di snaturare l’idea della famiglia.
Ecco ampi stralci della conferenza stampa di giovedì 27 agosto dal titolo “Benedette famiglie”.

Per prima è intervenuta l’antropologa Paola Schellenbaum, membro della commissione da lei definita  “commissione, famiglia matrimonio, coppie e genitorialità” (ennesima ridenominazione).

Paola Schellenbaum ha parlato del documento sulla famiglia, che il Sinodo ha deciso di inviare alle chiese per poi esaminarlo definitivamente nel 2016.

L’antropologa ha spiegato che le chiese hanno già discusso “ampie anticipazioni” del documento. Un cammino svolto anche “insieme alla società civile”. Si tratta di “allargare il nostro sguardo, allargando la nostra tenda”, ha detto alludendo a Isaia 54:2. Si è tenuto conto del cammino ecumenico. Il documento “non è totalmente sostitutivo del Documento sul matrimonio del 1971, ma neppure del testo comune redatto con la CEI nel 1997, di cui il nuovo testo riporta ampi stralci”.

La Schellenbaum ha citato una frase che – ha detto – “riassume lo scopo del documento”: “la famiglia fondata sul matrimonio rimane dunque rilevante, ed è disciplinata dal documento sul matrimonio del 1971, ma essa non può più essere considerata forma privilegiata o addirittura unica. Da tempo la stessa Corte Costituzionale ha affermato che la stabile convivenza tra due o più persone, anche dello stesso sesso, costituisce una comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione nel contesto della valorizzazione del modello pluralistico, così come prevede l’articolo 2 della nostra Costituzione”. “Quindi – ha aggiunto – questo è un po’ il quadro in cui ci siamo mossi.”

Nel resto della relazione si parla della profondità dei mutamenti della relazioni sociali. “C’è un approccio biblico, teologico, sociale e liturgico”. Si parla sia di coppie omosessuali, sia di coppie eterosessuali che non vogliono o non possono sposarsi, quindi una benedizione senza effetti civili. “Ovviamente mettendo dei paletti: non è che qualsiasi richiesta arrivi possa essere ricevuta”. “Nel documento c’è una ampia articolazione” che però non ha illustrato per ragioni di tempo.

Ha citato altresì le conclusioni, intitolate “una comunità che si prende cura”: “Alla luce delle considerazioni fin qui espresse, non si tratta di mettere in discussione la centralità del matrimonio che rimane la forma più diffusa ed importante dell’amore coniugale, ma si tratta piuttosto di includere altre forme di unioni, riconosciute, accompagnate, sostenute da una comunità che si prende cura, non solo dei membri adulti che possono attraversare crisi e difficoltà, separazioni e divorzi, ma anche in particolar modo dei membri più giovani. Essi sono spesso l’anello debole nelle condizioni più difficili di transizione, da una composizione familiare alla successiva riconfigurazione delle relazioni nelle cosiddetta famiglie ricomposte. Una vera e autentica comunità cristiana sa rivolgere parole che risuscitano relazioni facendo sperimentare la potenza di vita che fa sentire accolti dall’amore di Dio in un cammino di accompagnamento spirituale e nelle innumerevoli occasioni di incontro.”

È poi intervenuta Mirella Manocchio, membro della commissione “famiglie” & C, presidente della commissione culto e liturgia delle chiese battiste, metodiste e valdesi, per illustrare la liturgia di benedizione per coppie dello stesso sesso preparata da quest’ultima commissione e poi elaborata dal corpo pastorale.

La pastora ha sottolineato che si tratta di benedizioni e non di matrimonio: “nel 2011 (in realtà era il 2010, Nota di redazione) ci fu chi fraintese”. Non ha rilevanza civile. “Una coppia giunge a una certa decisione, quindi si sente anche chiamata da Dio stesso”.

Ci sono due liturgie, con pluralità di testi. Una “per un culto ad hoc”, una che si inserisce in un culto domenicale. Il presupposto è che i “benedicendi” “vogliono che la comunità sia testimone delle loro promesse d’amore e invochi su di loro la benedizione di Dio su questo progetto di vita”.

Alla domanda su quali sono i passi biblici indicati, Mirella Manocchio ha spiegato anche che nella liturgia “ci sono le promesse, sono state un punto discusso. Sono un momento rilevante. Stanno a testimoniare la volontà di questa coppia di promettersi reciproco amore, non soltanto tra loro due e non soltanto dinanzi a Dio, perché Dio sappiamo è ovunque, quindi ovunque uno lo potrebbe fare, ma di chiamare la chiesa, la propria comunità come testimoni, ma anche accompagnatori, responsabili di questo progetto di vita insieme. Questo di accompagnare, di camminare insieme alla coppia era uno degli elementi di novità nel nostro documento sulle – chiamiamole – famiglie perché c’è questa parte sulla cura che riteniamo essere un elemento importante, rilevante per tener conto delle situazioni di difficoltà, ma anche di gioia che la comunità condivida. Questo mette in vicinanza la parte liturgica con quelli che sono gli elementi teologici e ecclesiologici che sottende.”

Parlando dei testi biblici della liturgia ne ha citati solo due. Uno nell’invocazione. Giovanni 4:7 “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio”. “Questo amore – ha continuato la pastora – non ha connotazioni nel testo biblico”, e “poi si incarna nella nostra molteplice realtà umana anche contraddittoria e anche fragile, però appunto chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio, dunque qualunque sia il tipo di amore che esprime, l’amore sano, l’amore non può essere che sano se è veramente amore, è nato da Dio. Un elemento che ha dietro tutto un discorso teologico alla fine.”

L’altro testo citato è Isaia 54:10: “Anche se i monti si allontanassero e i colli fossero rimossi, l’amore mio non si allontanerà da te, né il mio patto di pace sarà rimosso, dice il Signore che ha pietà di te.”

“Dio ha fatto un patto con il popolo d’Israele e questo patto si è allargato tramite Gesù e a questo patto resta fedele. Il patto che Dio ha fatto con l’umanità è l’orizzonte nel quale si iscrivono i patti umani”, ha concluso la pastora.

SIAMO IN ATTESA DEI COMMENTI DELLA NOSTRA REDAZIONE E DEI NOSTRI LETTORI.

Per ora solo tre brevi spunti:

1) Un pensiero deferente a Isaia e Giovanni, usati in questo modo.

2) La frase definita come “riassuntiva del documento” sulla famiglia cita come fonte del documento stesso l’articolo 2 della Costituzione e la Corte Costituzionale italiana. La Chiesa però dice di fondarsi sulla Bibbia, non sui documenti della Repubblica Italiana. Inoltre la Costituzione definisce all’articolo 29 la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”, dunque le formazioni definite dall’articolo 2 NON SONO matrimonio. Infatti la citazione della sentenza della Corte Costituzionale non parla di famiglia. Per cui, non solo si mette la Costituzione al posto della Bibbia, ma si travisa grossolanamente la Costituzione. Come ciliegina, va notato il passaggio in cui si attribuisce alla Corte il riconoscimento della “stabile convivenza fra due o più persone”. La Corte Costituzionale si è sempre fermata a due persone. “O più” è un’aggiunta, probabilmente una speranzae comunque è un falso.

3) La liturgia rende la comunità del tutto partecipe e “responsabile” (proprio questa parola) di ciò che la Bibbia definisce più volte “peccato”.

 

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*